domenica 23 novembre 2014

Internet of Things: tutti ne saremo coinvolti

Due nuovi report confermano che la vendita di prodotti e servizi legati all’Internet of Things continuerà a crescere anche nei prossimi anni. 
IDC sostiene che il mercato globale dell’internet of things crescerà dai 1300 miliardi di dollari del 2013 (!) ai 3040 miliardi nel 2020, con una crescita annua del 13%. 
Gartner invece prevede che si passerà dai 4,9 miliardi di dispositivi connessi a internet nel 2015 ai 25 miliardi nel 2020, con una corrispondente crescita da 69,5 a 263 miliardi di dollari nei servizi legati all’internet of things. I mercati maggiormente coinvolti in questa crescita saranno: consumer (con 13 miliardi di dispositivi previsti nel 2020), automotive (3,5 miliardi di dispositivi connessi nel 2020), utilities (1,7 miliardi di dispositivi) ed a seguire manufacturing, transportation e government. 
Entro pochi anni dunque in molti mercati i prodotti non connessi ad internet perderanno valore, lasciando il posto a nuovi prodotti intelligenti ed interconnessi. Questa rivoluzione riguarderà tutti ed avrà impatti sia sulle nostre vite, che sul business delle aziende per le quali lavoriamo. È dunque importante comprendere che cos’è l’internet of things e definire una strategia di approccio adeguata. 

Che cos’è l’internet of things? 
È una rete di prodotti intelligenti ed interconnessi, in grado di conoscere il proprio stato, di raccogliere dati dall’ambiente circostante, di comunicare e di elaborare informazioni.
Da un punto di vista fisico i prodotti si arricchiscono quindi di sensori, di porte di comunicazione e della capacità di elaborare informazioni, che può essere integrata nel prodotto o accessibile via web. Nasce quindi anche quello che si può chiamare “product cloud” (si veda la figura successiva) e che è l’insieme di quello che serve per la gestione delle informazioni di prodotto (database, strumenti di analisi dei dati, algoritmi di decisione, …). 


I prodotti si pongono dunque al centro di uno o più flussi di informazioni che prima non esistevano e che costituiscono la base per ideare nuovi modi di creare valore. 
I flussi di informazioni che attraversano i prodotti possono svilupparsi: 
  • dai prodotti verso uno o più enti erogatori di servizi,
  • da enti erogatori di servizi verso uno o più prodotti,
  • tra prodotti.
Mediante questi flussi di informazioni le imprese potranno ad esempio: 
  • sapere chi sta utilizzando i loro prodotti, quando, in che modo ed in quale contesto,
  • erogare servizi personalizzati in tempo reale agli utilizzatori,
  • costruire relazioni più profonde con i clienti.
Perché internet of things sta esplodendo adesso?
Una serie di innovazioni tecnologiche sta contribuendo a rendere tecnicamente ed economicamente realizzabili i prodotti intelligenti ed interconnessi. 
Tra questi vi sono la miniaturizzazione degli strumenti di elaborazione dati, la disponibilità di sensori, la durata delle batterie, la disponibilità di connettività wireless, l’esistenza di nuove piattaforme di sviluppo software veloci ed affidabili e di strumenti potenti di analisi dei dati. 

Creare valore 
Analizzando che cosa possono fare i prodotti intelligenti ed interconnessi, si possono individuare 5 diversi modi attraverso i quali l’internet of things può creare nuovo valore per gli utilizzatori (ognuno dei quali costituisce la base per quello successivo): 
  1. Monitoraggio: la raccolta di dati sullo stato interno e sull’ambiente esterno permette di eseguire il monitoraggio remoto del funzionamento del prodotto. Si possono dunque ricevere informazioni sul cambiamento delle condizioni di funzionamento (ad es. allarmi), migliorare i servizi di manutenzione preventiva, semplificare il processo di identificazione dei guasti ed in alcuni settori (ad es. in quello medicale o nella sicurezza degli edifici) fornire al cliente nuove opportunità di utilizzo dei prodotti. 
  2. Controllo: i prodotti intelligenti possono essere comandati a distanza sia manualmente, che per mezzo di algoritmi complessi. È dunque possibile ad esempio utilizzare lo smartphone per accendere o spegnere un elettrodomestico, così come regolare la temperatura in casa per mezzo di un algoritmo che risiede nel product cloud. 
  3. Autonomia: l’intelligenza dei prodotti, unita alla conoscenza del contesto di utilizzo permettono ai prodotti raggiungere elevati livelli di autonomia nel prendere alcune decisioni. Le automobili possono ad esempio frenare da sole in caso di pericolo, i semafori cambiare stato in modo intelligente per ottimizzare i flussi di traffico. 
  4. Apprendimento: il comportamento dei prodotti intelligenti può essere molto complesso e la loro programmazione potrebbe essere difficile. È possibile però sviluppare  prodotti in grado di imparare dall’utilizzo. Esistono ad esempio macchine utensili che migliorano i propri settaggi man mano che acquisiscono “esperienza” nelle condizioni di utilizzo reali. Analogamente esistono sistemi di regolazione della caldaia domestica, che imparano le abitudini della famiglia. 
  5. Collaborazione: quando oggetti diversi, autonomi e personalizzati sono in grado di comunicare tra loro per coordinare il proprio funzionamento, si realizza un ecosistema di prodotti che collaborano in modo intelligente per il raggiungimento di alcuni obiettivi. Gli elettrodomestici di casa potrebbero ad esempio organizzarsi per fare l’uso migliore dell’energia disponibile.

Risulta dunque evidente che l’internet of things porta con sé opportunità di innovazione dei prodotti e dei servizi talmente importanti, che nessuna azienda può permettersi di pensare che non ne sarà coinvolta.

domenica 9 novembre 2014

Che cos'è la strategia?

Questo è il titolo di un articolo di Michael Porter del 2011, che si apre con la frase “operational effectiveness is not strategy”. Porter evidenzia il fatto che negli ultimi anni molte aziende hanno focalizzato i loro sforzi soprattutto sul miglioramento dell’efficacia operativa, cioè sulla capacità di realizzare velocemente ed a basso costo prodotti e servizi di qualità. Questo ha portato finora a significativi miglioramenti del profitto aziendale, così a poco a poco, una serie di best practice, tecniche e strumenti quali l’outsourcing, la lean production ed il total quality management hanno preso il posto e sono stati confusi con la strategia aziendale.
Efficacia operativa e strategia aziendale sono in effetti i due elementi base necessari per la generazione di profitto, ma lavorano in modo opposto. L’efficacia operativa punta massimizzare il profitto riducendo i costi, mentre la strategia ha l’obiettivo di far crescere il profitto aumentando il fatturato, cioè creando maggior valore riconosciuto dal mercato.
La sfida delle aziende giapponesi al mercato occidentale iniziata negli anni ’80 del secolo scorso si è basata essenzialmente sull’efficacia operativa, che non significa soltanto efficienza e riduzione degli sprechi, ma anche miglioramento della qualità e maggior velocità. La focalizzazione sull’efficacia operativa, ha portato però inevitabilmente ad una competizione basata principalmente sul prezzo e quindi a lungo andare ad una riduzione dei margini di profitto di interi segmenti di mercato ed all’impoverimento generale delle imprese. Inoltre ha reso le imprese molto simili tra loro, perché le tecniche che funzionavano per un’organizzazione sono state velocemente replicate nelle altre. Pur essendo necessaria, l’efficacia operativa a lungo andare non è dunque sufficiente a garantire il profitto.
Se l’efficacia operativa consiste nell'eseguire le medesime attività meglio dei concorrenti, la strategia consiste invece nello scegliere deliberatamente attività diverse per fornire ai clienti un mix di valore unico. In tal caso i clienti sceglieranno i nostri prodotti e servizi non soltanto in base al prezzo, ma anche perché attribuiranno loro un valore maggiore.

Esaminiamo un esempio reale. In un mercato maturo come quello del mobile, Ikea ha scelto un segmento di mercato: le coppie giovani, che sono nella fase della vita in cui è più probabile l’acquisto di mobili. Ha quindi identificato il bisogno particolarmente importante per loro di avere mobili di buona qualità ad un prezzo contenuto. Per soddisfare al meglio questo bisogno, ha scelto deliberatamente di non soddisfare altri bisogni, quali la consegna ed il montaggio a domicilio.  
È interessante notare che il posizionamento strategico di Ikea parte da un bisogno pre-esistente (abbastanza ovvio da identificare!) e che la sua unicità non deriva dalla miglior esecuzione di alcune attività che anche i concorrenti eseguono, ma dall’esecuzione di attività diverse. Ad esempio per assicurare la facilità di montaggio, la qualità elevata ed il controllo dei costi, Ikea, al contrario della maggior parte dei propri concorrenti, progetta i propri mobili.
Questa attività è di importanza fondamentale per il posizionamento strategico, ma potrebbe non essere ancora sufficiente. In particolare potrebbe essere copiata dai concorrenti con una certa facilità. Ciò che rende Ikea veramente unica è la combinazione di diverse attività caratteristiche, tutte coerenti tra loro e con il posizionamento strategico desiderato. Ad esempio la scelta di non eseguire attività di trasporto e montaggio verso il domicilio del cliente, richiede una diversa organizzazione dei magazzini, che devono essere gestiti presso i punti vendita. Diventa così possibile anche la consegna immediata dei mobili, che soddisfa un altro bisogno caratteristico del mercato attuale: la fretta.
Analogamente la necessità di semplificare le operazioni di montaggio, spinge verso la progettazione di mobili modulari e questo permette sia di contenere ulteriormente i costi, sia di rendere più agevole lo spostamento dei mobili in una nuova abitazione, evento probabile per una giovane coppia. Si possono identificare numerose attività che si rafforzano a vicenda moltiplicando il valore dell'offerta e che nel complesso rendono Ikea difficilmente imitabile.

La competizione strategica consiste dunque di tre elementi:
  1. l’identificazione di un insieme di bisogni da soddisfare,
  2. l’ideazione di un modo originale di soddisfarli,
  3. l'esecuzione di un insieme coerente di attività aziendali, diverse da quelle normalmente eseguite dai concorrenti.
Soltanto in questo modo è infatti possibile ottenere un posizionamento strategico unico, che risulterà difficilmente imitabile perchè se può essere relativamente facile per i concorrenti copiare alcune attività, risulterà invece molto difficile riuscire a replicare un'intera combinazione di attività coerenti. Il vantaggio competitivo così ottenuto è inoltre sostenibile nel lungo periodo, in quanto basato sulla creazione di valore, piuttosto che sulla sola riduzione dei costi.