domenica 9 maggio 2010

Il futuro è a est?

Mi è capitato di leggere un interessante articolo di Paul Samuelson su Newsweek: "A new economic order: rich nations must sell to the poor".
In breve la sua tesi è che i paesi poveri tendono a trasformarsi in paesi ricchi in due fasi. La prima fase dura fino a quando lo stato riesce a garantire le condizioni di sicurezza ed igienico-sanitarie di base, a stabilire misure per la tutela della proprietà ed a garantire un minimo di stato di diritto. A questo punto può iniziare la crescita economica, trainata dalla "fame" di benessere delle persone, che si trovano finalmente in un contesto in cui un maggior benessere è raggiungibile.
Oggi ci sono stati che hanno imboccato decisamente la seconda fase (Cina ed India in primis) ed altri che con qualche tentennamento ci si stanno avviando (Russia, paesi dell'Europa dell'est). In questi paesi l'economia sta crescendo e quindi (aiutati dalla crisi che blocca i paesi ricchi) in prospettiva potrebbero diventare il nuovo motore dell'economia globale.

Un altro articolo di Samuelson uscito a febbraio (!) sul Washington Post ("Greece and the welfare states in ruin") prende spunto dalla crisi greca per descrivere il fatto che tutti i paesi "ricchi" hanno uno stato sociale molto costoso che ha portato ad un alto debito pubblico o privato e spesso ad un deficit di bilancio. Samuelson considera inoltre due ulteriori trend: l'invecchiamento della popolazione e la paralisi della politica e conclude che questo mix di fattori pone a rischio il benessere a lungo termine dei paesi ricchi.

Mi sembra importante tenere in considerazione tutti questi trend perchè se è vero che nessuno di noi (credo) può trovare una soluzione politica che permetta di preservare il nostro benessere, è altrettanto vero che ognuno di noi deve fare delle scelte strategiche in ambito professionale che non possono ignorare questi fatti.
In altri termini mi sembra che sia giunto il momento di considerare seriamente l'eventualità di spostare un po' verso est il baricentro del nostro mercato target. Le grosse multinazionali lo hanno già fatto (ad es. Caterpillar, Boeing, ...). Non è facile, ma potrebbe essere necessario.

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