Un po' di storia del lean
La frase “lean manufacturing” apparve per la prima volta nel 1990 nel libro di James Womack “The machine that changed the world” e da allora è divenuta termine comune per descrivere la filosofia produttiva nata in Toyota subito dopo la seconda guerra mondiale e sviluppata nei decenni successivi.
Il punto di partenza del lean manufacturing è stata la necessità nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, di fornire “flessibilità” alla produzione in catena di montaggio. Il modello fordista, diffuso fino ad allora, permetteva infatti un’elevata efficienza produttiva, ma non era in grado di gestire nè un’elevata varietà di prodotti, nè la flessibilità necessaria ad operare nei mercati sviluppati.
Kiichiro Toyoda, Taiichi Ohno ed altri svilupparono allora un modello produttivo diverso, più orientato al flusso dei materiali lungo l’intero processo, che all’ottimizzazione del funzionamento delle singole macchine. A poco a poco attorno a questo nuovo modello di gestione della produzione si sviluppò una vera e propria filosofia, che gradualmente si estese agli altri processi aziendali.
Toyota fu infatti anche la prima azienda che iniziò ad applicare i principi del lean manufacturing alle attività disviluppo dei nuovi prodotti. Nel 2001 il modello di “lean product development” applicato in Toyota venne descritto da Jeffrey Liker nel libro “The Toyota Way”.
Partendo dalla constatazione che lo sviluppo dei nuovi prodotti è un processo di creazione di conoscenza, in Toyota iniziarono ad applicare i principi base della filosofia lean alla produzione della conoscenza:
- Ricerca del valore per il cliente finale: tutte le attività devono essere rivolte alla creazione di valore per il cliente. Le attività che non portano valore aggiunto vanno eliminate. Semplificando si può dire che le attività che creano valore sono quelle che ci permettono di:
- conoscere meglio i nostri clienti ed i loro bisogni,
- accrescere la nostra conoscenza sul prodotto e sul processo di sviluppo,
- tradurre la conoscenza in documenti e strumenti che permetteranno la realizzazione del prodotto.
Tutto le altre attività sono “waste” (o “muda” in giapponese). Esempi di attività "muda" sono: re-invenzione di soluzioni già note, ridiscutere decisioni già prese, tempo impiegato nella ricerca di informazioni, eccessive attività di coordinamento, ... - Semplificazione dei processi: il principio base è che lasciando i team liberi di auto-organizzarsi verso obiettivi chiari, aumenta l’efficienza perchè le persone si focalizzano sui risultati da ottenere anzichè sul seguire un modello del processo. Rimuovendo la parte burocratica, risulta inoltre aumentata la flessibilità e facilitata la collaborazione tra le persone.
- Miglioramento continuo: poichè si impara solo facendo, è necessario iniziare ad applicare i nuovi strumenti e metodi di lavoro perfezionandoli man mano che li si utilizzano. Sono infatti previsti dei momenti di revisione di processi e metodologie da parte dei team per ottenere il miglioramento continuo.
Tutti gli strumenti sono molto semplici da applicare e permettono miglioramenti in tempi rapidi. Richiedono però un certo cambio culturale che non è sempre facile da ottenere, ma che è in fondo il vero valore dell'approccio lean.
Benefici del lean product development
- sviluppo di prodotti vincenti,
- riduzione del time-to-market,
- riduzione dei costi di sviluppo,
- riduzione dei costi di prodotto,
- elevata qualità dei prodotti.
La domanda vera è dunque: può la mia azienda ottenere davvero questi benefici? e come?
Qui secondo me bisogna fare un ragionamento a due livelli. Un primo ragionamento riguarda le aziende italiane “in generale”. Io partirei dalla considerazione che la cultura (media) italiana, è molto diversa sia da quella giapponese, che da quella americana. Ad esempio noi italiani non siamo generalmente molto bravi a seguire processi e regole burocratiche e siamo invece “naturalmente” orientati al raggiungimento degli obiettivi, alla flessibilità ed alla creazione di valore, quindi questa parte della filosofia “lean” è spesso già applicata nelle nostre aziende (anche se in tutte le aziende esistono margini di miglioramento, anche significativi).
La situazione è diversa quando invece consideriamo la necessità di lavorare in team, di scambiare informazioni e di realizzare il miglioramento continuo dei processi, dove noi italiani siamo generalmente un po’ scarsi e dove quindi potremmo trarre i maggiori vantaggi dalla filosofia lean.
La cosa curiosa che mi è capitato di osservare è che a volte, per aziende che partono da una situazione iniziale scarsamente strutturata, l’introduzione di strumenti lean ha portato ad una “complicazione” del processo anzichè ad una sua semplificazione, ma questo è stato comunque percepito positivamente come la possibilità di “mettere ordine” senza introdurre meccanismi burocratici e complessi.
Per approfondire
Di materiale sul lean product development ce n’è moltissimo. Per chi volesse approfondire, io ho trovato particolarmente utili:
- The Machine That Changed the World (Womack, James P., Daniel T. Jones, and Daniel Roos)
- The Toyota Way (Jeffrey Liker)
- Lean Product Development (Ron Mascitelli)
- What is lean about product development? (Katherine Radeka, Tricia Sutton)
Visto che questo è un tema caldo, mi piacerebbe che qualcun altro contribuisse a questa discussione raccontando esperienze o riflessioni sull'introduzione del lean product development.
2 commenti:
Ciao, anche se l'argomento per me è noto, sono contento di vedere che si iniziano a postare dei pilastri del lavoro organizzato. Che la conoscenza si diffonda.... Ciao buon lavoro. Marco Rosetti. rosetti3@gmail.com
I principi "lean" sono ottimi, sia che si parli di manufacturing che di product development. Mi spaventano un po' le "tecniche" per applicare questi principi. C'è il rischio concreto che queste tecniche da strumento diventino il fine...
Posta un commento