domenica 7 luglio 2013

La quadruplice vita dei prodotti




La capacità di produrre oggetti è una delle caratteristiche più importanti dell’uomo. Addirittura alcune ere geologiche hanno preso il loro nome dalla capacità dell’uomo di realizzare oggetti (età della pietra, età del ferro, …).

Nel corso della nostra vita ci circondiamo di oggetti perché ci aiutano a realizzare quello che vogliamo fare: se vogliamo spostarci utilizziamo un’automobile, mentre se vogliamo fare un buco nel muro utilizziamo un trapano. Da questa osservazione Clayton Christensen ha formulato nel 2007 la teoria chiamata “jobs-to-be-done”, secondo la quale per ideare nuovi prodotti è necessario conoscere il “lavoro” che l’utilizzatore vuole eseguire.  Partendo dal lavoro da eseguire è infatti possibile analizzare i parametri che il cliente utilizza per misurare il successo dell’esecuzione (ad es. tempo impiegato, fatica, sicurezza, …) e quindi identificare le funzioni che il prodotto deve realizzare per aiutare l’utilizzatore ad eseguire il compito con successo.
L’aspetto funzionale è molto importante. Costituisce però soltanto la prima vita dei prodotti.

Noi infatti decidiamo di acquistare un prodotto perché “ci serve”, ma scegliamo quello che ci “piace”. Ogni prodotto suscita in noi un impatto emozionale, che influenza le nostre scelte. Pensiamo ad esempio all’acquisto di un paio di scarpe: ne abbiamo “bisogno” per proteggere i piedi e tenerli asciutti, ma scegliamo quelle che ci piacciono di più.
Quando vediamo un oggetto, in pochi decimi di secondo la nostra mente formula una “valutazione emozionale” sulla base di tre categorie principali, che hanno permesso ai nostri antenati di sopravvivere quando vivevano di caccia: mi stupisce o non merita la mia attenzione, è sicuro o pericoloso, mi causerà piacere o dolore.
Questa valutazione avviene in maniera inconscia ed utilizza il sistema limbico, non i circuiti della razionalità: la mente razionale ha bisogno di raccogliere ed analizzare molte informazioni, quindi formula una valutazione più articolata, ma ha bisogno di tempi più lunghi. Per comprendere l’importanza delle emozioni nella scelta di acquisto bisogna anche considerare che la valutazione razionale inizia proprio durante il cosiddetto periodo refrattario (Emotions revealed, Paul Ekman, 2004), durante il quale il nostro cervello è “accecato” dalle emozioni e tende ad ignorare le informazioni in disaccordo con la valutazione emozionale. Se ad esempio un prodotto ci piace molto, tendiamo a minimizzare tutti i “segnali negativi”.
Questa è la seconda vita dei prodotti: il prodotto come fonte di emozioni.

Comunicare è un'esigenza innata dell'uomo e costituisce il fondamento della nostra vita sociale. Noi comunichiamo attraverso simboli a cui viene attribuito un significato (Semiotics for beginners, Daniel Chandler) ed i prodotti di cui ci circondiamo sono simboli che utilizziamo per gestire la rete di relazioni nella nostra società. Pensiamo ad esempio alla corona di un re, che esiste in quanto simbolo del potere. Analogamente l’automobile che acquistiamo non è soltanto un mezzo di trasporto, ma è anche il simbolo del nostro stato sociale.  È dunque importante comprendere il valore simbolico degli oggetti e progettarli in modo coerente: una corona di plastica non ha lo stesso valore simbolico di una d’oro. Questo vale per tutti gli oggetti e costituisce la terza vita dei prodotti.

C’è un ulteriore aspetto, più profondo, legato al valore simbolico dei prodotti: gli oggetti hanno un ruolo importante nella realizzazione del sé. Pensiamo a questo proposito all’importanza di oggetti quali vestiti, profumi ed abitazioni: tendiamo a circondarci di oggetti che ci completano e ci assomigliano. 
Ci sono alcuni studi sociologici che esplorano l’importanza del “significato profondo” degli oggetti. Hannah Arendt (The human condition, 1958) sostiene ad esempio che gli oggetti permettono al nostro io di riconoscersi in loro ed in questo processo gli danno stabilità. Paul Sartre (L'essere e il nulla, 1956) afferma che gli oggetti servono per ampliare il nostro sè e che li comperiamo per autorealizzarci . Mihaly Csikszentmihalyi (The meaning of things, 1981) si spinge addirittura oltre, affermando che noi investiamo la nostra energia psichica negli oggetti che scegliamo ed utilizziamo ed in questo modo essi diventano parte del nostro stesso essere. 
Un’importante conseguenza dell’importanza che attribuiamo al significato profondo dei prodotti è che cerchiamo di acquistare prodotti che siano coerenti con i nostri valori etici: ad esempio attribuiamo più valore ai prodotti biologici o da commercio solidale, rispetto a quelli realizzati in fabbriche anonime, con condizioni di lavoro spesso molto dure.

Le quattro vite dei prodotti possono essere descritte separatamente, ma in realtà sono profondamente interconnesse e concorrono in modo integrato a determinare la valutazione del prodotto da parte dei clienti. È anche importante notare che l’innovazione non deve limitarsi alla sola parte funzionale, ma deve estendersi anche agli aspetti emozionali, simbolici e di significato profondo dei prodotti.

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