sabato 29 giugno 2013

La razionalità non basta per prendere buone decisioni

La parola scegliere deriva dal latino ex-eligere, cioè “cogliere da”.
Nel corso della nostra vita facciamo continuamente scelte, la maggior parte delle quali sono semplici e vengono gestite dal nostro subconscio o richiedono un livello minimo di attenzione.
Scegliere diventa difficile quando la posta in gioco è alta (ad es. nell’acquisto di una casa), quando si tratta di scegliere tra alternative simili, ma difficilmente confrontabili (è meglio un hotel con le camere grandi o uno più vicino al mare?) oppure quando le informazioni per scegliere sono particolarmente incerte (mi conviene acquistare azioni della Apple o della Fiat?).

Per molto tempo la teoria delle decisioni si è focalizzata sul concetto di massimizzazione dell’utile: si assumeva infatti che le persone prendessero decisioni puramente razionali, volte a trarre il massimo beneficio per sé o per la comunità. Sono stati sviluppati molti algoritmi e metodi analitici per identificare la scelta migliore tra diverse alternative.
Questi metodi però sono difficilmente utilizzabili nella pratica, perché i problemi “veri” sono molto più complessi dei modelli matematici o manageriali che li rappresentano e perché spesso le informazioni disponibili al momento della decisione sono insufficienti o troppo incerte.

Nel corso dell’evoluzione la nostra mente ha sviluppato una capacità inconscia chiamata intuito (dal latino in-tueri, guardare dentro): l’intuito è un processo inconscio che permette di prendere decisioni in tempi rapidi, basandosi su una visione olistica del problema, sull'identificazione di alcuni elementi chiave e sul coinvolgimento emotivo.
Sappiamo infatti che la nostra mente è immersa in un flusso emozionale continuo, che influenza le nostre decisioni. Alcuni semplici esperimenti eseguiti da Kahn e Isen dimostrano ad esempio che le persone con umore positivo sono più aperte a stimoli nuovi e prendono decisioni migliori e più innovative rispetto alle persone con umore neutro o negativo.
Un altro fattore che influenza in modo sottile le decisioni è il cosiddetto effetto “framing” studiato da Tversky e Kahneman con una serie di esperimenti. Il modo di presentare il problema influenza in modo significativo le scelte effettuate perché modifica il modo di percepire i vantaggi e gli svantaggi delle diverse alternative. Un capolavoro dell’effetto framing è secondo me la scena dei funghi fritti fritti fritti nel film La vita è bella di Roberto Benigni.

Le decisioni prese nelle fasi iniziali dell’innovazione (front end of innovation), in particolare quelle relative alla selezione delle idee da sviluppare sono spesso molto difficili: la posta in gioco è alta e le informazioni a disposizione sono generalmente poche ed incerte. In questi casi il puro ragionamento non ci porta molto lontano ed è dunque necessario affidarsi all’intuito.
Questo ovviamente non vuol dire assenza di qualsiasi metodo e decisioni prese senza regole. Per migliorare la qualità delle decisioni di selezione delle idee, è allora utile osservare i seguenti accorgimenti: 
  • Definire dei momenti specifici in cui prendere le decisioni: per evitare la tendenza a “non decidere”, che spesso emerge nel caso di decisioni difficili e che può causare lunghi ritardi nel time to market dei nuovi prodotti. 
  • Definire un team decisionale: sarebbe sbagliato e troppo rischioso affidare decisioni così difficili ad una sola persona. Dovrebbe essere coinvolto un team decisionale formato da esperti con diversi modi di ragionare e con diversi punti di vista. 
  • Creare un’atmosfera positiva: le decisioni migliori vengono prese in condizioni di umore positivo e senza stress. 
  • Formulare il problema in maniera corretta (framing): cercando di presentare in modo neutro ed oggettivo vantaggi e svantaggi delle diverse scelte. 
  • Raccogliere e condividere tutte le informazioni disponibili: decisioni di elevata qualità richiedono una gran quantità di informazioni per poter valutare al meglio le possibili alternative. 
  • Esplorare le diverse alternative: può essere utile "raccontare" diversi scenari che descrivono le possibili alternative, le loro conseguenze ed i relativi livelli di rischio. Questo permette di stimolare sia la parte analitica, che l'intuito dei partecipanti. 
  • Utilizzare mappe o altri metodi visuali per rappresentare il problema e le possibili alternative: la visualizzazione coinvolge infatti circuiti cerebrali diversi da quelli puramente logico-astratti. 
  • Lasciar emergere l’intuito del team: quando i partecipanti avranno avuto il tempo di definire il proprio "orientamento decisionale" è necessario costruire empaticamente il consenso del team sulle decisioni da prendere, evitando il più possibile tutte le distorsioni (derivanti ad esempio da dinamiche di potere).

2 commenti:

Unknown ha detto...

Mi ha incuriosito questo titolo. Sono un analista finanziario quantitativo e faccio della scelta razionale (negli investimenti) il mio cavallo di battaglia... vero però che le scelte importanti della nostra vita non sono mai di testa ma di pancia... http://www.frdiba.it

Unknown ha detto...

Articolo veramente interessante, mi occupo di qualità ed è importante per me presentare un innovazione nel migliore dei modi, perché a volte l'eccesso di razionalità e la paura che l'innovazione possa esporre a nuove problematiche limita i miei interlocutori.