sabato 30 ottobre 2010

Prosperità durevole

“If you want one year of prosperity, grow seeds, If you want ten years of prosperity grow trees, If you want one hundred years of prosperity, grow people.” (Proverbio cinese)

E' ora di pensare al lean product development

Negli ultimi anni c’è stato un vero boom della filosofia “lean”, che, partendo dalla produzione sta risalendo agli altri settori dell’azienda. Accade infatti sempre più spesso che parlando con imprenditori o con responsabili dello sviluppo dei prodotti ci sia molto interesse verso l’applicazione di metodologie lean al processo di sviluppo dei nuovi prodotti. In altri casi invece, la filosofia lean è vista come eccessivamente semplicistica e fortemente osteggiata. Mi piacerebbe con questo post iniziare una vera discussione sul lean product development e sulla sua applicazione nelle aziende italiane.

Un po' di storia del lean
La frase “lean manufacturing” apparve per la prima volta nel 1990 nel libro di James Womack “The machine that changed the world” e da allora è divenuta termine comune per descrivere la filosofia produttiva nata in Toyota subito dopo la seconda guerra mondiale e sviluppata nei decenni successivi.
Il punto di partenza del lean manufacturing è stata la necessità nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, di fornire “flessibilità” alla produzione in catena di montaggio. Il modello fordista, diffuso fino ad allora, permetteva infatti un’elevata efficienza produttiva, ma non era in grado di gestire nè un’elevata varietà di prodotti, nè la flessibilità necessaria ad operare nei mercati sviluppati.
Kiichiro Toyoda, Taiichi Ohno ed altri svilupparono allora un modello produttivo diverso, più orientato al flusso dei materiali lungo l’intero processo, che all’ottimizzazione del funzionamento delle singole macchine. A poco a poco attorno a questo nuovo modello di gestione della produzione si sviluppò una vera e propria filosofia, che gradualmente si estese agli altri processi aziendali.
Toyota fu infatti anche la prima azienda che iniziò ad applicare i principi del lean manufacturing alle attività disviluppo dei nuovi prodotti. Nel 2001 il modello di “lean product development” applicato in Toyota venne descritto da Jeffrey Liker nel libro “The Toyota Way”.

I principi del lean product development
Partendo dalla constatazione che lo sviluppo dei nuovi prodotti è un processo di creazione di conoscenza, in Toyota iniziarono ad applicare i principi base della filosofia lean alla produzione della conoscenza:


  • Ricerca del valore per il cliente finale: tutte le attività devono essere rivolte alla creazione di valore per il cliente. Le attività che non portano valore aggiunto vanno eliminate. Semplificando si può dire che le attività che creano valore sono quelle che ci permettono di:
    - conoscere meglio i nostri clienti ed i loro bisogni,
    - accrescere la nostra conoscenza sul prodotto e sul processo di sviluppo,
    - tradurre la conoscenza in documenti e strumenti che permetteranno la realizzazione del prodotto.
    Tutto le altre attività sono “waste” (o “muda” in giapponese). Esempi di attività "muda" sono: re-invenzione di soluzioni già note, ridiscutere decisioni già prese, tempo impiegato nella ricerca di informazioni, eccessive attività di coordinamento, ...
  • Semplificazione dei processi: il principio base è che lasciando i team liberi di auto-organizzarsi verso obiettivi chiari, aumenta l’efficienza perchè le persone si focalizzano sui risultati da ottenere anzichè sul seguire un modello del processo. Rimuovendo la parte burocratica, risulta inoltre aumentata la flessibilità e facilitata la collaborazione tra le persone.
  • Miglioramento continuo: poichè si impara solo facendo, è necessario iniziare ad applicare i nuovi strumenti e metodi di lavoro perfezionandoli man mano che li si utilizzano. Sono infatti previsti dei momenti di revisione di processi e metodologie da parte dei team per ottenere il miglioramento continuo.
Cenno agli strumenti di lean product development
A partire da questi principi sono stati sviluppati (non solo in Toyota) una serie di strumenti che permettono di applicare la filosofia lean. L’elenco degli strumenti lean è veramente ampio e va da strumenti per la gestione del portafoglio progetti (ad es. capacity-based project prioritization), a strumenti per la definizione dei requisiti (ad es. must/should/could prioritization), a strumenti per la gestione dei progetti (ad es. visual project management), a strumenti per la definizione ed il miglioramento continuo del processo di sviluppo (ad es. i value events). Un elenco (non esaustivo) degli strumenti lean si può trovare qui.
Tutti gli strumenti sono molto semplici da applicare e permettono miglioramenti in tempi rapidi. Richiedono però un certo cambio culturale che non è sempre facile da ottenere, ma che è in fondo il vero valore dell'approccio lean.

Benefici del lean product development
L’importanza del lean product development è sintetizzata in questa frase di Kosaku Yamada, chief engineer della Toyota Lexus: "The real differential between Toyota and other vehicle manufacturers is not the Toyota Production System. It's the Toyota Product Development System."
I benefici del lean product development sono infatti:
  • sviluppo di prodotti vincenti,
  • riduzione del time-to-market,
  • riduzione dei costi di sviluppo,
  • riduzione dei costi di prodotto,
  • elevata qualità dei prodotti.
Alcune considerazioni
Chi non vorrebbe questi “magici” risultati per la propria azienda?
La domanda vera è dunque: può la mia azienda ottenere davvero questi benefici? e come?
Qui secondo me bisogna fare un ragionamento a due livelli. Un primo ragionamento riguarda le aziende italiane “in generale”. Io partirei dalla considerazione che la cultura (media) italiana, è molto diversa sia da quella giapponese, che da quella americana. Ad esempio noi italiani non siamo generalmente molto bravi a seguire processi e regole burocratiche e siamo invece “naturalmente” orientati al raggiungimento degli obiettivi, alla flessibilità ed alla creazione di valore, quindi questa parte della filosofia “lean” è spesso già applicata nelle nostre aziende (anche se in tutte le aziende esistono margini di miglioramento, anche significativi).

La situazione è diversa quando invece consideriamo la necessità di lavorare in team, di scambiare informazioni e di realizzare il miglioramento continuo dei processi, dove noi italiani siamo generalmente un po’ scarsi e dove quindi potremmo trarre i maggiori vantaggi dalla filosofia lean.

I ragionamenti generali vanno poi applicati da ogni singola azienda alla ricerca della propria strada verso il miglioramento della capacità di innovare e sviluppare prodotti vincenti. Quindi se da un lato sarebbe sbagliato cercare di implementare "il modello Toyota” così com'è, dall’altro credo che sia giunto il momento di chiedersi se l'applicazione di strumenti di lean product development possa portare a benefici tangibili in breve tempo e se il cambiamento culturale causato dalla filosofia lean possa portare miglioramenti alla capacità innovativa nel medio-lungo periodo.

La cosa curiosa che mi è capitato di osservare è che a volte, per aziende che partono da una situazione iniziale scarsamente strutturata, l’introduzione di strumenti lean ha portato ad una “complicazione” del processo anzichè ad una sua semplificazione, ma questo è stato comunque percepito positivamente come la possibilità di “mettere ordine” senza introdurre meccanismi burocratici e complessi.

Per approfondire

Di materiale sul lean product development ce n’è moltissimo. Per chi volesse approfondire, io ho trovato particolarmente utili:

Visto che questo è un tema caldo, mi piacerebbe che qualcun altro contribuisse a questa discussione raccontando esperienze o riflessioni sull'introduzione del lean product development.

sabato 23 ottobre 2010

Innovation Experiments

La buona notizia è che finora tutte le fasi di recessione dell'economia sono state seguite da fasi di espansione di durata superiore a quella della recessione stessa.
Si veda ad esempio la figura sottostante che rappresenta l'andamento dell'economia inglese dal 1980 al 2006 (tratta da: http://tutor2u.net/economics/revision-notes/as-macro-uk-economic-cycle.html).

L'esperienza del passato ci dice che i periodi di recessione trasformano i mercati e causano dei vincitori (aziende che prosperano e che saranno leader nella successiva fase di espansione) e dei vinti (aziende che non sopravvivono). Sappiamo anche che i vincitori sono le aziende che durante la recessione sono state in grado di innovare il proprio business, mentre gli sconfitti sono le aziende che restano attaccate a modelli di business ed a prodotti che diventano obsoleti.

Da qui la necessità di fare innovazione nonostante le ulteriori difficoltà causate dalla crisi economica.

Un possibile approccio pratico e low cost all'innovazione è quello di realizzare degli "esperimenti di innovazione".
Questo approccio può essere realizzato in 4 passi:

  1. Definire una piccola percentuale delle risorse disponibili che andrà assegnata agli esperimenti di innovazione. Le risorse possono essere trovate facendo un esame critico ed obbiettivo dei progetti in corso e fermando o rallentando quelli che porteranno meno valore aggiunto all'azienda o che sono meno importanti da un punto di vista strategico.

  2. Raccogliere le numerose idee che sicuramente ogni azienda ha e selezionarne una sulla quale investire.

  3. Far partire un "esperimento di innovazione", che, partendo dall'idea selezionata, confermi o smentisca le ipotesi che sottostanno alla realizzazione del prodotto. Ogni progetto innovativo contiene infatti una serie di ipotesi (spesso implicite) che lo rendono incerto e che spesso "frenano" il suo sviluppo. Gli esperimenti sono dunque importanti per chiarire i dubbi principali ed aiutare quindi l'azienda a prendere le decisioni giuste sull'innovazione.

  4. Valutare accuratamente ed oggettivamente i risultati sia economici, che tecnici dell'esperimento e procedere con la fase realizzativa soltanto se sono convincenti, altrimenti non esitare a fermare l'idea in questa fase e a lanciare un altro esperimento.

Non c'è nulla di nuovo in questo approccio, nè di particolarmente difficile, è però importante che ogni azienda esegua sistematicamente i passi elencati e lanci gli esperimenti di innovazione per facilitare la trasformazione delle buone idee in nuovi prodotti e servizi.

domenica 17 ottobre 2010

Innovation Framework: il puzzle per l'innovazione

Il successo nell'innovazione dei prodotti e servizi richiede la capacità di gestire in modo coordinato diversi componenti e diverse capacità.
La figura qui sotto rappresenta uno schema (framework) degli elementi necessari all'innovazione.


La parte centrale della figura (in azzurro) rappresenta le fasi del ciclo di vita di un prodotto o servizio, che viene spesso rappresentato come un imbuto ed in inglese viene infatti chiamato "Innovation Funnel" (funnel = imbuto).
Normalmente le fasi dell'innovation funnel sono:

  • Definizione del concept: è la fase nella quale vengono generate le idee dei prodotti e servizi che dovranno essere sviluppati. In questa fase i fattori critici di successo sono la capacità di generare idee vincenti e la conoscenza delle 3 principali forze in gioco: i clienti, i concorrenti e l'azienda (in termini di competenze, brand, ...).
  • Definizione del prodotto: in questa fase vengono definiti i requisiti del prodotto da realizzare, vengono effettuate le prime verifiche di fattibilità e viene stimato il ritorno economico dell'investimento. I fattori critici di successo in questa fase sono legati alla conoscenza dei bisogni e dei desideri dei clienti, ai prodotti ed alle strategie della concorrenza ed alla capacità dell'azienda di definire in modo completo i requisiti del prodotto (inclusi i requisiti economici di costo e prezzo).
  • Progettazione: è la fase in cui viene definita l'architettura del prodotto, vengono progettati i componenti e normalmente vengono realizzati uno o più prototipi che servono a verificare le caratteristiche tecniche del prodotto. I fattori critici di successo in questa fase sono molteplici e riguardano sia la capacità di definire un'architettura di prodotto adeguata (ad es. modulare), sia la capacità di progettare e verificare efficacemente il prodotto.
  • Industrializzazione: una volta verificato il raggiungimento degli obiettivi tecnici, è necessario mettere a punto il processo produttivo fino alla realizzazione della preserie. Anche in questa fase i fattori critici di successo sono molti, legati alla velocità ed alla capacità di definire un processo di produzione flessibile ed economico. In particolare è importante giungere a questa fase con un prodotto facilmente industrializzabile e questo si ottiene sia favorendo lo sviluppo di conoscenza "produttiva" nei progettisti, sia coinvolgendo la produzione sin dalle prime fasi di sviluppo.
  • Vendita: è la fase nella quale il prodotto viene lanciato sul mercato e commercializzato fino al termine del suo ciclo di vita. In questa fase è importante effettuare il lancio del prodotto in modo efficace, coordinando le diverse funzioni aziendali coinvolte e poi monitorare costantemente le prestazioni del prodotto (volumi, prezzi, margini, scorte, ...) in modo da massimizzare il profitto lungo tutta la durata della fase di commercializzazione.

Per poter essere efficaci nell'innovation funnel, sono inoltre necessarie le competenze rappresentate in giallo nello schema:


  • Gestione della conoscenza del mercato: la conoscenza del mercato e dei concorrenti guida inevitabilmente tutte le scelte aziendali, se questa conoscenza è imprecisa, incompleta o addirittura errata, le decisioni aziendali saranno meno efficaci e con un maggior livello di rischio. Ogni azienda dovrebbe quindi dedicare la massima attenzione allo sviluppo della conoscenza del proprio mercato.
  • Pianificazione strategica di prodotto: dalla conoscenza del mercato e dalla mission aziendale dovrebbero derivare le scelte di sviluppo a medio termine dell'azienda (ad es. quali mercati e quali tecnologie dovranno essere sviluppati). Tali scelte guideranno la definizione del piano strategico dei prodotti da realizzare.
  • Governo del processo di innovazione: nella parte iniziale del funnel (dove l'imbuto si stringe) è di importanza fondamentale essere in grado di identificare e selezionare le idee giuste da portare avanti fino al lancio sul mercato, in modo da focalizzare le risorse disponibili sullo sviluppo dei prodotti vincenti. Nella seconda parte del funnel è invece necessario essere in grado di gestire tempi e costi di sviluppo in modo da essere in grado di lanciare sul mercato i nuovi prodotti tempestivamente e con costi inferiori a quelli della concorrenza.
  • Gestione dei costi: in questo periodo di elevata concorrenza e di scarsa crescita del mercato, è necessario essere in grado di minimizzare tutti i costi legati ai prodotti ed al funnel dell'innovazione, per poter lasciare il massimo grado di libertà alla leva del prezzo.
  • Gestione del prezzo: il prezzo è la leva più importante per massimizzare il profitto derivante da ogni prodotto. Ci sono diverse strategie che vanno messe in atto nelle diverse fasi del ciclo di vita del prodotto per ottenere questo scopo.
  • Gestione della conoscenza di prodotto: la conoscenza che ogni azienda ha dei propri prodotti e la capacità di svilupparne di nuovi è sicuramente il più importante patrimonio aziendale. La conoscenza di prodotto deve dunque essere gestita accuratamente allo scopo di accrescerla, proteggerla e favorirne il riutilizzo.

Questo schema rappresenta dunque gli elementi principali del "puzzle" che ogni azienda deve gestire per avere successo nell'innovazione dei prodotti e servizi.
Nei prossimi post descriverò con maggior dettaglio i singoli elementi.