domenica 11 dicembre 2016

Uno spunto di riflessione

Uscire dalla comfort zone è difficile, a volte anche doloroso, però nel mondo liquido non abbiamo alternative...


sabato 26 novembre 2016

La segmentazione del mercato (II) - Segmentazione psicografica: 4C di Young & Rubicam

Nel post precedente abbiamo visto che la segmentazione del mercato è il punto di partenza per differenziarsi dai concorrenti ed ideare prodotti e servizi vincenti.

Abbiamo inoltre visto che esistono diversi parametri per segmentare il mercato:
  • parametri oggettivi: basati su dati anagrafici o geografici,
  • parametri non oggettivi: basati sul comportamento del cliente nei confronti del prodotto (comportamentale) oppure sul tipo di personalità del cliente (psicografica).
I parametri non oggettivi vengono spesso utilizzati per raffinare la segmentazione demografica e renderla più efficace.



Di seguito esamineremo la segmentazione psicografica, che descrive le caratteristiche psicologiche degli utilizzatori: personalità, attitudini, valori, interessi e stili di vita.
Vi sono diverse segmentazioni psicografiche già disponibili e che possono essere utilizzate come punto di partenza per costruire quella della propria impresa.
Particolarmente utile, secondo me, è quella di Young & Rubicam, chiamata 4C (Cross Cultural Consumer Characterization), che divide le persone i 7 tipi di personalità e stili di vita.
  • Explorer (esploratore): alla continua ricerca di nuove sfide, nuove strade e nuove emozioni. Ha fiducia in se stesso e nelle proprie capacità, ama differenziarsi ed imparare cose nuove.
  • Aspirer ( “vagheggiatore”): materialista, spesso avido, superficiale, interessato al giudizio degli altri ed alla ricerca di apparire. Cura molto la propria immagine.
  • Succeder (di successo): ha obiettivi ambiziosi e chiari, è capace di organizzarsi per raggiungerli. Tende a controllare la propria vita e quella di coloro che gli stanno intorno. Ama la stabilità e ricerca il prestigio, l’esclusività.
  • Reformer (riformatore): intellettuale e tollerante, libero nei giudizi e nei comportamenti, attento agli aspetti etici e sociali, spesso anti-materialista. Ricerca la qualità e la semplicità.
  • Mainstream (“la corrente principale”): conformista, abitudinario, amante della tranquillità domestica, spesso impaurito dalle novità. Privo di grandi sogni ed ideali, ricerca quello che sente alla propria portata. Normalmente è il segmento più ampio.
  • Struggler (lottatore): focalizzato sul presente, con poche risorse fisiche e mentali e poca voglia di impegnarsi in progetti a medio-lungo termine. Spesso consumatore di alcol, tabacco, gioco e junk food. Ricerca la fuga dalla sua situazione.
  • Resigned (rassegnato): legato ai valori del passato, pessimista, solitario, focalizzato su se stesso, rigido, rifiuta il cambiamento e si rifugia nell’ambiente domestico. Cerca di mantenere in vita un mondo che non esiste più.
È possibile partire da queste categorie per identificare meglio i propri clienti target e studiare prodotti e servizi che possano stimolare le loro personalità.

Nei prossimi post parleremo di altri due tipi di segmentazione psicografica molto conosciuti ed utilizzati.

sabato 12 novembre 2016

La segmentazione del mercato (I) - Segmentazione comportamentale

La conoscenza dei clienti comincia spesso con la suddivisione del mercato in diversi segmenti, ai quali appartengono persone simili tra loro ed alle quali l’impresa possa proporre con successo gli stessi prodotti e servizi.
Ogni mercato può essere segmentato in modi diversi ed una diversa segmentazione del mercato è spesso il punto di partenza per differenziarsi dai concorrenti. Ad esempio è normale suddividere i ciclisti in base all’intensità di utilizzo della bicicletta (ad es. agonisti, appassionati ed utilizzatori occasionali). Si potrebbero però anche introdurre altri parametri, quali ad esempio l’età (giovani o anziani) ed il genere (maschio o femmina) per ideare biciclette diverse da quelle dei concorrenti.

Per segmentare il mercato si possono utilizzare numerosi parametri, che vengono raggruppati in 4 tipi principali, come rappresentato nella tabella sottostante.

Tipo
Descrizione
B2C
B2B
Demografica
Utilizza variabili demografiche. È una segmentazione oggettiva.
·    Età
·    Genere
·    Livello di istruzione
·    Occupazione
·    ...
·    Settore di mercato
·    Fatturato
·    Numero di addetti
·    ...
Geografica
Utilizza variabili geografiche. È una segmentazione oggettiva.
·    Area geografica
·    Città/campagna
·    Clima
·     ...
Comportamentale
Si basa sul comportamento dell’utilizzatore nel confronto del prodotto
·    Occasioni d’acquisto e di utilizzo
·    Benefici ricercati
·    Competenza
·    Modalità ed intensità di utilizzo
·    Fedeltà al prodotto o alla marca
·    Grado di coinvolgimento emotivo
·   
Psicografica
Si basa sulle caratteristiche psicologiche dell’utilizzatore
·    Personalità
·    Stile di vita
·    Valori
·    Attitudini
·    Interessi
·   
·    Stile di business
·    Grado di innovatività
·    Attenta ai valori etici
·    Visionaria / miope
·   

I criteri demografici e geografici generano una segmentazione del mercato “oggettiva”, ma spesso poco efficace, mentre i criteri comportamentali e psicografici danno origine a segmentazioni, non “oggettive”, ma spesso più efficaci. Nel mondo reale la segmentazione del mercato è normalmente frutto di una combinazione di questi criteri.

Di seguito vedremo un esempio di segmentazione comportamentale, nel prossimo post parleremo invece di segmentazione psicografica.

SEGMENTAZIONE COMPORTAMENTALE
La segmentazione comportamentale si basa sull’analisi del comportamento del cliente nei riguardi del prodotto e considera caratteristiche quali i benefici ricercati, l’intensità e le modalità di utilizzo e la competenza dell’utilizzatore.

Per comprendere meglio la segmentazione comportamentale, immaginiamo una possibile segmentazione su base comportamentale dei turisti di montagna.

Amanti degli sport invernali (su pista)
Frequentano la montagna d’inverno, il periodo medio di permanenza è una settimana oppure la giornata singola. Richiedono tutti i servizi connessi agli sport sulla neve (impianti di risalita, maestri, possibilità di noleggio dell’attrezzatura, …). Non sono interessati a pranzi impegnativi, ma hanno tempo libero dal tardo pomeriggio. Normalmente seguono la moda ed amano le attività di gruppo…

Amanti dell’avventura
Frequentano la montagna in tutte le stagioni e praticano diversi sport (escursionismo, alpinismo, sci alpinismo, ciaspole). I periodi di permanenza sono brevi (uno o due giorni), ma ripetuti e spesso in posti diversi. Amano esplorare e decidere autonomamente le proprie mete ed i propri tempi. Cercano la semplicità e l’isolamento dalla folla. Richiedono la gestione di sentieri e rifugi ed a volte i servizi delle guide…

Amanti del relax
Frequentano la montagna d’estate ed amano riposare, leggere, fare brevi passeggiate e dedicarsi al proprio benessere. I periodi di permanenza sono normalmente di una o due settimane e cercano località e strutture tranquille, dotate di centro wellness. Amano mangiare bene ed essere stimolati con eventi (anche culturali)…

On the road
Sono motociclisti e ciclisti che amano “la strada”: percorrono molti chilometri, si fermano lungo le vie di comunicazione. Normalmente si spostano ogni giorno. Hanno poco spazio per i bagagli, quindi in loco tendono ad usufruire di attrezzature e prodotti locali…

Partendo da questa classificazione è evidente che ogni segmento richiede servizi diversi. Una segmentazione più dettagliata (ad es. amanti del relax, che sono anche mamme con bambini), porterebbe all’ideazione di servizi ancora più mirati e specifici e quindi con maggiori probabilità di successo.

Riuscire ad identificare una nicchia di potenziali clienti con bisogni e desideri non ancora ben soddisfatti dalle offerte attuali è dunque il primo passo verso l’ideazione di nuovi prodotti e servizi di successo.
Nel prossimo post parleremo in maggior dettaglio della segmentazione psicografica.

venerdì 8 luglio 2016

Alcuni concetti di base sul posizionamento strategico dei prodotti

Il posizionamento strategico di un prodotto è la sua collocazione nel mercato in una posizione adeguata rispetto alle esigenze del mercato target e differenziata rispetto ai concorrenti.

Per essere efficace il posizionamento deve essere: 
  • chiaro, cioè facilmente comprensibile dai potenziali clienti,
  • coerente, tutti gli elementi del posizionamento devono essere allineati tra loro,
  • credibile, questo aspetto riguarda soprattutto le caratteristiche del prodotto e del servizio
  • competitivo, cioè sufficientemente differenziato rispetto alle altre offerte disponibili sul mercato.

Per quanto riguarda i prodotti, il posizionamento può essere ottenuto secondo i tre principali elementi di valutazione considerati dai clienti nella decisione d'acquisto:


ELEMENTO DI VALUTAZIONE
VARIABILE DI POSIZIONAMENTO
Mi serve?
Valore tangibile
Mi piace?
Valore intangibile
Me lo posso permettere?
Prezzo


In generale si possono identificare 3 macro aree di posizionamento:
Area
Clienti
Prodotti e servizi vincenti
Prezzo
Strategie
Prerequisiti necessari
Premium
Numero limitato di clienti, per i quali l’elevato valore tangibile è scontato ed il valore intangibile è molto importante.
Prodotti con elevato valore tangibile ed intangibile.
I prodotti premium devono fornire un’esperienza superiore ed unica, sostenuta da un brand e da servizi di elevato valore.
Elevato
Rendere esclusiva l’esperienza di utilizzo, massimizzare il valore intangibile.
Elevato valore del brand
Average
Questo segmento normalmente contiene la maggior parte dei potenziali clienti. È il segmento più affollato, quindi la competizione è più intensa e la lotta sul prezzo è spesso molto serrata.
Prodotti con prestazioni e prezzi confrontabili con quelli della maggior parte dei concorrenti, ma differenziati e dedicati a nicchie di mercato specifiche.
Medio
Differenziare il prodotto rivolgendosi a nicchie di mercato specifiche
Conoscenza delle nicchie di mercato
Economic
Clienti spesso interessati alle funzionalità di base dei prodotti. Limitata importanza del valore intangibile.
Prodotti essenziali, con funzionalità semplificate e basso valore intangibile.
In certi segmenti di mercato anche prodotti di scarsa qualità (del tipo “usa e getta”).
Basso
Identificare le funzionalità specifiche da realizzare, 
mantenere bassi i costi.
Capacità di mantenere bassi i costi

Per definire il prezzo del prodotto all’interno della macro area prescelta, è necessario conoscere la curva di elasticità della domanda. 

L’elasticità della domanda misura le variazioni nei volumi di vendita rispetto al variare dei prezzi. Normalmente l'aumento di prezzo causa una diminuzione dei volumi venduti, come rappresentato come nella figura sottostante:





Per definire il prezzo di un prodotto bisogna inoltre definire l'obiettivo che si vuole ottenere. Infatti se si cerca la penetrazione del mercato, normalmente la strategia vincente è quella di proporre un prezzo più basso rispetto a quello dei concorrenti. La figura sottostante rappresenta infatti la variazione dei volumi al variare del prezzo, con una curva di elasticità della domanda come quella rappresentata nella figura precedente.



Nel caso invece di ricerca della massimizzazione del profitto, l'aumento del prezzo causerà una diminuzione dei volumi, ma anche un maggior profitto unitario, che deve dunque essere considerato nel calcolo del profitto complessivo. 
La figura sottostante rappresenta la variazione del profitto complessivo ottenuto da un prodotto sulla base della variazione dei prezzi e della conseguente variazione dei volumi secondo la curva di elasticità della domanda della figura precedente:


Si vede che rispetto al prezzo ipotizzato (100), una riduzione del prezzo farebbe diminuire anche il profitto, mentre l'aumento del prezzo farebbe dapprima crescere il profitto, per poi farlo diminuire se l'aumento fosse troppo elevato. 
La determinazione del punto di massimo profitto si basa sulla curva dell'elasticità della domanda, che non è un'informazione scientifica, ma soltanto un'ipotesi: non è dunque possibile fidarsi ciecamente di questo grafico. Nella pratica sarebbe però possibile far crescere lentamente il prezzo fino ad individuare il punto nel quale il profitto incomincia a scendere.



domenica 26 giugno 2016

Servitization: come sarà il futuro delle aziende manifatturiere?

Il termine servitization è stato definito nel 1988 da Sandra Van der Merwe e Juan Rada in un articolo intitolato: “Servitization of business: adding value by adding services”. Aggiungere servizi ai prodotti permette alle imprese di:
  • soddisfare meglio i desideri dei clienti, 
  • differenziarsi rispetto ai concorrenti,
  • rendere più complessa per i clienti la sostituzione dei prodotti, aumentando di fatto la loro fedeltà.

Dal 1988 il valore dei servizi associati ai prodotti è cresciuto in quasi tutti i settori di mercato ed il confine tra prodotti e servizi è diventato sempre più sfumato: si pensi ad esempio agli smartphone, che sono una combinazione di elementi fisici, software e servizi ed ognuna di queste tre componenti è necessaria per la creazione di valore.

Pochi giorni fa il World Economic Forum ha pubblicato un articolo dal titolo: “The end of products, the end of ownership. Is this the future of business?”. L’autore sostiene che vi sono 3 importanti trend che contribuiscono a rafforzare il processo di servitization:
  • Cambiamento culturale: la proprietà di un oggetto è sempre meno interessante, se mediante una app, posso comunque utilizzarlo dovunque ed in qualsiasi momento ad un costo ridotto,
  • Internet of Things: i produttori resteranno connessi con i loro prodotti durante la loro intera vita e potranno/dovranno fornire servizi ad alto valore aggiunto durante l’utilizzo stesso dei prodotti,
  • Sostenibilità: l’economia dei servizi è più sostenibile dell’economia dei prodotti soprattutto perchè i prodotti possono essere utilizzati in modo più intensivo se si supera il concetto di possesso degli oggetti.

Per le aziende manifatturiere, la servitization è una rivoluzione. Obbligatoria, ma non esente da rischi. Alcuni studi (non tutti) hanno infatti evidenziato un fenomeno chiamato "servitization paradox": la servitization permette di aumentare il fatturato, ma può ridurre le prestazioni aziendali (profitto) ed aumentare il rischio di fallimento dell’impresa (si veda ad esempio: Why do servitized firms fail? del 2009).
Questo è comprensibile perché il modello di business e le competenze necessarie all’erogazione di servizi sono molto diverse da quelle che le aziende manifatturiere utilizzano per la produzione e la vendita di prodotti.
I servizi tendono infatti a far aumentare i costi fissi ed a rendere i flussi di denaro in ingresso più esigui, anche se più stabili e duraturi nel tempo. È dunque necessario che le imprese adeguino prontamente i modelli di business per garantire la sostenibilità economica della servitization.

Ma forse il problema più grande dell’approccio ai servizi delle aziende manifatturiere è la maggiore prossimità con i clienti che i servizi richiedono. Oggi molte aziende manifatturiere non sono molto “vicine” agli utilizzatori: spesso infatti non sanno nemmeno chi stia utilizzando i loro prodotti. Nel mondo dei servizi questo non è possibile: non si tratta infatti soltanto di mettere sul mercato uno “strumento”, quanto piuttosto di accompagnare ogni singolo utilizzatore verso il raggiungimento dei propri obiettivi. La complessità aumenta dunque in modo significativo, sia perché i processi di utilizzo dello stesso prodotto possono essere molto diversi tra loro, sia perché i servizi dovranno essere erogati dovunque ed in qualsiasi momento.
L’unico modo per erogare servizi a costi sostenibili è dunque quello di automatizzarli il più possibile, utilizzando tecnologie di connessione ed elaborazione dati che permettano di ottenere un’elevata qualità dei servizi erogati riducendo al minimo l’intervento umano. 
L’erogazione dei servizi deve dunque essere integrata nel prodotto stesso.
I servizi devono allora nascere insieme al prodotto: è necessario ideare insieme prodotti, servizi e modelli di business.

È possibile allora utilizzare lo schema seguente per definire come dovrà comportarsi il prodotto/servizio durante l'esperienza di utilizzo:


Sarà inoltre necessario definire fin da subito che cosa gli utilizzatori dovranno pagare con un prezzo one-shot e che cosa mediante un prezzo dilazionato nel tempo (ad es. canone d'abbonamento o pay-per-use).
Dovrà quindi essere preparato un modello economico accurato e preciso per valutare e garantire la sostenibilità e la convenienza dell'introduzione dei nuovi servizi.

domenica 12 giugno 2016

Open innovation per le piccole medie imprese



È opinione comune che nel mercato liquido ci sia spazio soltanto per le imprese di grandi dimensioni. Secondo me questo non è corretto. Sicuramente piccolo non va bene se bisogna produrre in serie decine di migliaia di prodotti. In questo caso gli investimenti necessari per farlo in modo efficiente non sono sicuramente alla portata delle piccole imprese. Piccolo non va bene nemmeno se devo realizzare prodotti molto complessi ed innovativi, come l’auto che si guida da sola. Anche in questo caso gli investimenti (per la ricerca) non sarebbero sostenibili da una piccola azienda.
Piccolo è invece bello, quando è sinonimo di specializzazione, di flessibilità, di velocità e di grande vicinanza con il cliente. Piccolo è bello se voglio produrre pezzi unici: opere d’arte, che si adattano in modo sartoriale alle esigenze di ogni singolo cliente. Anche le grandi aziende potrebbero farlo, ma inevitabilmente per loro diventa più conveniente cercare altri clienti, ai quali vendere prodotti standard.

Grandi e piccole imprese occupano dunque nicchie di mercato diverse ed utilizzano approcci al business diversi. Anche i macro-punti di forza e di debolezza sono diversi: le grandi imprese hanno spesso problemi di creatività, di flessibilità e di velocità, mentre le piccole hanno problemi “di accesso”: alla conoscenza, ai mercati, al credito.

Nel mondo liquido tutte le imprese devono innovare continuamente i propri prodotti e servizi e la open innovation è un approccio efficace per imprese di qualsiasi dimensione. 
Il concetto di open innovation è stato descritto da Henry Chesbrough nel 2003 ed in sostanza prevede di accelerare l'innovazione e di ridurne i rischi utilizzando flussi di informazioni e risorse che provengono anche dall’esterno dell'impresa. 

Secondo una ricerca di Fraunhofer del 2013, il 75% delle grandi imprese considera strategica l’open innovation per realizzare le proprie strategie di innovazione. Le grandi aziende utilizzano la open innovation soprattutto per raccogliere idee dall’esterno o per costruire velocemente un minimum viable product da verificare sul mercato. Lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione del prodotto vengono poi realizzati dalla grande azienda, che può così utilizzare in modo efficace i propri asset.

Esiste però un altro possibile approccio alla open innovation, utile in particolar modo per superare i problemi di "accesso" alla conoscenza, al mercato ed agli investimenti delle piccole e medie imprese. Un gruppo di aziende può infatti collaborare per sviluppare un prodotto specifico o per presidiare in modo più efficace un mercato. Questa collaborazione permette alle piccole e medie imprese di realizzare prodotti che singolarmente non potrebbero nemmeno immaginare, riducendo inoltre gli investimenti, i rischi ed i tempi necessari per lo sviluppo.
Questa applicazione dell'open innovation non è ancora molto diffusa, soprattutto tra le piccole e medie imprese italiane. Vorrei allora dare un piccolo contributo alla sua diffusione, condividendo le cose imparate negli ultimi 3 anni in progetti di open innovation per sviluppare nuovi prodotti:
  • Accettare l’idea di collaborare con altre imprese per lo sviluppo di un nuovo prodotto è inizialmente molto difficile: è un approccio che molti imprenditori non riescono nemmeno ad immaginare. 
  • Una volta iniziato, il progetto genera entusiasmo, man mano che diventa evidente la possibilità concreta per ogni azienda di superare i propri limiti.
  • Spesso i progetti di open innovation vengono considerati a priorità più bassa rispetto alle normali attività di sviluppo e quindi i tempi si allungano, vanificando alcuni dei benefici potenziali. 
  • I meccanismi decisionali sono più complessi: diverse aziende sono coinvolte ed i partecipanti al team spesso non hanno l’autorità per decidere. Anche questo contribuisce ad allungare i tempi.
  • Il momento in cui iniziano gli investimenti significativi è critico. È necessario dunque arrivarci dopo aver effettuato verifiche di mercato preliminari e se possibile dopo aver realizzato un minimum viable product per confermare le potenzialità del prodotto. Può comunque accadere che in questa fase alcune imprese abbandonino il progetto, mentre altre possono entrare nel team.
  • Dovendo far collaborare aziende diverse, il processo di open innovation utilizza spesso metodi più strutturati di quelli normalmente utilizzati dalle singole aziende (business plan, piani di sviluppo, definizione dei requisiti, ...). Questi metodi risultano efficaci e vengono poi spesso applicati anche agli altri progetti delle singole aziende.
  • La "tensione all'obiettivo" delle aziende partecipanti deve essere omogenea, altrimenti le aziende più determinate soffriranno della lentezza e della scarsa propensione agli investimenti delle altre.
  • Se si progetta un prodotto modulare per il quale ogni azienda produce alcuni moduli, tutto risulta più semplice.
  • Vi sono diversi modi di formalizzare gli accordi tra le imprese (dai contratti di rete alla creazione di una start-up), ma conviene affrontare questo aspetto soltanto quando il progetto è concreto ed è giunto il momento di iniziare gli investimenti significativi. Prima è sufficiente basarsi su un non disclosure agreement più leggero.
In conclusione io credo che la open innovation sia una grande possibilità per le piccole e medie imprese, che possono collaborare efficacemente su progetti specifici, mantenendo un’organizzazione leggera, preservando la propria identità e contribuendo a mantenere le “diversità” culturali e di approccio, che rendono più fecondo qualsiasi mercato.

domenica 29 maggio 2016

Sviluppare prodotti vincenti con requisiti instabili

Una delle regole classiche dello sviluppo dei nuovi prodotti afferma che la progettazione può iniziare soltanto quando i requisiti del prodotto siano stati definiti completamente, altrimenti si rischiano continue modifiche e la realizzazione di un prodotto poco focalizzato sulle esigenze degli utilizzatori. 

Nel mondo liquido però, la frammentazione del mercato, la complessità dei bisogni e la velocità del cambiamento, rendono spesso impossibile separare l’attività di definizione dei requisiti dall’attività di progettazione. Molte imprese si trovano dunque oggi nella condizione di dover iniziare la progettazione quando i requisiti sono ancora incompleti ed instabili. Questo genera inefficienza, ma permette anche di ridurre il time-to-market, di aumentare la flessibilità e di aumentare la probabilità di sviluppare prodotti vincenti.

La definizione progressiva dei requisiti:

  • Permette verifiche di mercato più frequenti ed efficaci durante lo sviluppo,
  • Richiede una maggior collaborazione tra le diverse funzioni coinvolte (ad es. marketing e progettazione),
  • Richiede una diversa ottimizzazione del processo di sviluppo e di gestione delle modifiche.

Verifiche di mercato durante lo sviluppo
Per le imprese la presunzione di saper interpretare i bisogni ed i desideri dei clienti è sempre più rischiosa. Per ridurre il rischio di realizzare prodotti di scarso successo, bisogna dunque prevedere numerose verifiche dei requisiti con gli utilizzatori.
All’inizio, quando non c’è ancora un prodotto da mostrare è utile effettuare interviste a persone che rappresentino il segmento di mercato target. È però conveniente arrivare quanto prima ad un minimum viable product, cioè ad un prodotto che soddisfi i bisogni principali, che si possa realizzare velocemente e che possa essere utilmente proposto ad alcuni early adopters per verificare il loro interesse e per raccogliere i loro suggerimenti. (per maggiori informazioni sul minimum viable product: The lean startup).

Maggior collaborazione tra marketing e progettazione
La definizione dei requisiti di un nuovo prodotto o servizio può essere suddivisa in 2 fasi: si parte dall’identificazione dei bisogni e desideri degli utilizzatori, per arrivare alla definizione delle caratteristiche desiderate del prodotto. Un tempo queste fasi erano separate e precedevano l’inizio della progettazione, che riceveva i requisiti in blocco (in un documento o in un sistema informatico di requirements management) ed organizzava liberamente le proprie attività.

Per facilitare la collaborazione tra marketing e progettazione nella definizione dei requisiti, può essere utile utilizzare uno strumento visuale che deriva dal classico “barashi” giapponese.


Lo strumento, rappresentato nella figura qui sopra, si basa su una rappresentazione schematica del prodotto da realizzare. I requisiti vengono descritti su post-it ed il loro stato viene rappresentato da diversi colori e segni:

  • Azzurro: per requisiti necessari, ma non ancora definiti,
  • Giallo: per requisiti definiti,
  • Verde: per requisiti modificati,
  • Un cerchio rosso (su post-it azzurro) rappresenta un requisito utilizzato dalla progettazione sulla base di assunzioni non concordate con il marketing,
  • Una X rossa (su post-it di qualsiasi colore) rappresenta un requisito congelato, ad esempio perché sono state ordinate le attrezzature di produzione (la modifica di un requisito congelato risulterà particolarmente costosa).

Utilizzando questo strumento risulterà chiaro a tutti lo stato dei requisiti e sarà quindi più semplice la collaborazione tra i diversi enti.

Ottimizzazione del processo di sviluppo e di gestione delle modifiche
Se oggi la definizione dei requisiti e la progettazione procedono in maniera indipendente e le modifiche ai requisiti avvengono in modo asincrono rispetto al processo di progettazione, per migliorare il processo è necessario coordinare queste attività.

È possibile allora procedere per sprint successivi della durata di 1-4 settimane, come avviene nell’agile development del software. All’inizio di ogni sprint vengono condivisi i requisiti definiti e la progettazione può chiedere al marketing la definizione dei requisiti che serviranno nei prossimi sprint. A sua volta la progettazione cercherà di pianificare le proprie attività basandosi sui requisiti disponibili. Questa collaborazione tra marketing e progettazione porta spesso risultati molto importanti in termini di riduzione del time-to-market e di riduzione delle modifiche.
Le modifiche ai requisiti sono comunque inevitabili e dovrebbero essere gestite nel corso di riunioni specifiche, che coinvolgano ed informino tutte le persone impattate dalla modifica e che dovrebbero svolgersi davanti al tabellone dei requisiti. Le modifiche vengono discusse e tracciate sul tabellone, definendo il piano di azioni per la loro realizzazione.

La gestione dei requisiti di prodotto è uno dei più importanti fattori critici di successo nello sviluppo dei nuovi prodotti e risente da un lato dell’instabilità del mercato e dall'altro della rigidità della struttura aziendale. Per questo è necessario e complicato trovare un punto di equilibrio ottimale tra flessibilità (negativa per la progettazione) e rigidità (negativa per il marketing).

domenica 15 maggio 2016

A piccoli passi: lavorare per sprint

Cogliendo l’occasione dell’uscita del bel libro Sprint: How to Solve Big Problems and Test New Ideas in Just Five Days di Jake Knapp, vorrei parlare del concetto di sprint.

Nel mondo liquido le perturbazioni, i cambi di requisiti e di obiettivi sono frequenti e questo rende particolarmente difficile gestire progetti di lunga durata. L’utilizzo degli sprint diventa allora estremamente utile: uno sprint è infatti un mini-progetto di durata breve e prefissata (normalmente da 1 a 4 settimane) con un obiettivo chiaro e raggiungibile.

Il concetto di sprint è stato introdotto nei primi anni ’90 da Ken Schwaber e Jeff Sutherland con lo scrum project management. Il metodo scrum prevede infatti che il futuro venga suddiviso in una serie di sprint successivi, con obiettivi e risorse definiti (qui si può scaricare un'utile guida al metodo scrum, scritta dai suoi ideatori).

I fattori critici di successo dello sprint sono chiari:
  • La durata dello sprint è fissata,
  • Gli obiettivi da raggiungere sono definiti e raggiungibili,
  • Il team di lavoro ha tutte le competenze necessarie per il raggiungimento degli obiettivi,
  • Gli strumenti di pianificazione e coordinamento delle attività sono ridotti al minimo,
  • Il team di lavoro è quanto più possibile stabile,
  • Gli obiettivi sono quanto più possibile stabili.
Nello scrum project management gli sprint si susseguono senza interruzione fino al completo sviluppo del nuovo prodotto. È però anche possibile utilizzare l’approccio a sprint per raggiungere velocemente obiettivi specifici all'interno di un progetto. In questo caso ogni sprint è indipendente e viene alternato a periodi di attività “normale”.

Gli sprint sono particolarmente utili quando si debba privilegiare la velocità e la visione d’insieme, piuttosto che la cura del dettaglio e la ricerca della perfezione. È possibile ad esempio eseguire uno sprint per generare nuove idee, per verificare un product concept o per definire i requisiti di un nuovo prodotto da sviluppare.

Un esempio di sprint è quello che viene utilizzato da Google Ventures per la valutazione ed il perfezionamento delle nuove idee. In 5 giorni le nuove idee vengono sviluppate e verificate seguendo un processo in 5 fasi:
  1. Unpack: condivisione delle informazioni,
  2. Sketch: definizione delle possibili soluzioni,
  3. Decide: definizione del prodotto,
  4. Prototype: costruzione di un prototipo,
  5. Test: test del prototipo con uno o due utilizzatori.
Le diverse fasi assicurano l'esecuzione di tutti i passi necessari, mentre le metodologie e gli strumenti utilizzati assicurano efficacia e velocità al processo.

Un altro esempio è lo sprint di generazione di idee, che permette in 2 giorni di generare e selezionare idee di prodotti innovativi da sviluppare. Questo sprint prevede 4 fasi:
  1. Define: definizione degli obiettivi, condivisione delle informazioni,
  2. Explore: costruzione della nuvola dei bisogni,
  3. Sketch: definizione delle possibili soluzioni,
  4. Select: selezione delle idee.
È spesso possibile suddividere uno sprint in più mini-sprint, intervallati da alcuni giorni di pausa per facilitare la partecipazione degli interessati. Inoltre, poichè la nostra mente inconscia continua ad elaborare informazioni e stimoli, anche quando noi stiamo facendo altre cose, in questo modo si lascia un po’ più tempo alle idee ed alle decisioni per maturare, rendendo lo sprint più ricco ed i risultati finali più affidabili.

Esistono molti tipi di sprint, che permettono di ottenere risultati diversi e che possono essere utilizzati per accelerare significativamente ed a basso costo il processo di sviluppo dei nuovi prodotti.

domenica 1 maggio 2016

Quanto è liquido il mio mercato?

Un mercato si può definire liquido se i suoi elementi principali si modificano velocemente, richiedendo un continuo adattamento dei prodotti e dei servizi offerti dalle imprese.
Il mercato liquido evolve in maniera confusa e frammentata, rendendo più complesso per le imprese definire scenari ed obiettivi strategici.

Per comprendere il "livello di liquidità" di un mercato, può essere utile valutare la velocità di evoluzione dei seguenti 8 elementi principali:
  • Segmentazione: velocità di evoluzione dei gruppi di utenti ai quali rivolgere la propria offerta (ad es. nascita di nuovi segmenti di mercato),
  • Bisogni dei clienti: velocità di cambiamento dei bisogni e dei desideri dei clienti (ad es. nascita di nuovi bisogni da soddisfare),
  • Comportamenti d'acquisto: velocità di cambiamento dei comportamenti d'acquisto (ad es. aumento del senso di urgenza, ricerca di nuovi canali di acquisto, ...),
  • Modello di business: modalità di creazione e scambio di valore tra imprese e mercato (ad es. affitto al posto della vendita di un prodotto o collaborazione tra cliente e fornitore per la realizzazione del prodotto),
  • Prezzi: variabilità dei prezzi per prodotti comparabili tra loro (ad es. prodotti low cost),
  • Concorrenti: velocità di evoluzione dello scenario competitivo (ad es. ingresso di nuovi concorrenti, modifica delle strategie da parte dei concorrenti, ...),
  • Tecnologie: velocità di introduzione di nuove tecnologie (ad es. internet of things, big data, ...)
  • Leggi e regolamenti: velocità di introduzione di nuove leggi e regolamenti nel mercato di riferimento.
Analogamente per le imprese è importante valutare il "livello di liquidità" della propria offerta, considerando i seguenti 8 fattori di successo dei prodotti e servizi nel mercato liquido:
  • Intelligenza & interconnessione: prodotti connessi ad internet, in grado di conoscere il contesto in cui stanno operando, di memorizzare i risultati delle azioni ed imparare i comportamenti migliori per facilitare il raggiungimento degli obiettivi degli utilizzatori,
  • Personalizzabilità: possibilità per il cliente di adattare il prodotto alle proprie esigenze e di renderlo unico
  • Aggiornabilità (dopo l'acquisto): possibilità per i clienti di aggiornare il prodotto anche dopo l'acquisto,
  • Scalabilità (dopo l'acquisto): possibilità per il cliente di modificare il prodotto anche dopo l'acquisto per soddisfare i propri bisogni e desideri in continuo cambiamento,
  • Sostenibilità: basso impatto ambientale nella costruzione, utilizzo e smaltimento del prodotto,
  • Facilità d'uso: immediatezza e possibilità di utilizzo dal momento in cui si entra in contatto con il prodotto, minimizzando la necessità di formazione e/o lettura di manuali d'uso,
  • Elevato valore intangibile: oltre al valore funzionale (tangibile), i prodotti desiderabili hanno un elevato valore emozionale, simbolico ed etico dei prodotti,
  • Disponibilità di servizi ad alto valore aggiunto: possibilità da parte del cliente di accedere a servizi ad alto valore aggiunto, che completano e rendono unica l'offerta.
Questi 16 punti costituiscono l'inizio di una riflessione concreta che dovrebbe innescare in molte imprese un processo di cambiamento verso l'innovazione liquida.

Per facilitare la riflessione è stato messo a punto un questionario (su Google Forms: Liquid Innovation Self Assessment) che permette alle imprese l'autovalutazione del livello di liquidità dei mercati e dei prodotti. Il tempo di compilazione è estremamente contenuto (2-3 minuti) e la compilazione deve avvenire entro il 20 Maggio 2016. 
Chi desidera partecipare al questionario riceverà in seguito un report con i risultati complessivi ed alcuni suggerimenti pratici per iniziare un percorso verso l'innovazione liquida.

domenica 3 aprile 2016

Il processo di sviluppo liquido: missile, cascata o spedizione alpinistica?

Una volta si pensava che lo sviluppo di un nuovo prodotto potesse essere gestito come il lancio di un missile, la cui traiettoria può essere completamente definita ed ottimizzata da esperti prima della partenza. A differenza dei missili, però, le imprese ed i mercati non seguono le leggi immutabili e note della fisica ed i modelli deterministici e logici risultano spesso inadeguati al governo del processo di sviluppo dei nuovi prodotti.
Per ovviare a questi limiti, nella seconda metà del secolo scorso si è diffuso l’approccio chiamato stage and gate, che prevede la scomposizione del processo di sviluppo in fasi successive, corrispondenti ai diversi stadi di realizzazione dei prodotti. L’esecuzione delle attività all’interno delle fasi viene gestita in modo flessibile dai team di progetto, mentre l’attraversamento sequenziale di tutte le fasi, assicura la realizzazione di un prodotto vincente.
Questo approccio “a cascata”, pur essendo più adatto ai contesti dinamici, risulta comunque inadeguato a gestire la estrema variabilità e turbolenza del mondo liquido. Oggi infatti risulta spesso difficile eseguire in sequenza le fasi necessarie senza arrivare in ritardo e senza che qualche cambiamento costringa a rivedere alcune decisioni prese. Inoltre risulta sempre più difficile definire adeguatamente i requisiti dei prodotti prima dell’avvio dello sviluppo e questo compromette alla base la possibilità di utilizzare un approccio sequenziale.
Una metafora che rappresenta meglio lo sviluppo dei nuovi prodotti è allora la spedizione alpinistica: l’obiettivo da raggiungere viene intravvisto in lontananza ed il percorso per arrivarci non è tracciato. Inoltre il successo della spedizione dipende significativamente anche da fattori esterni continuamente mutevoli, quali le condizioni della montagna e le condizioni meteorologiche.
L’approccio da utilizzare, le caratteristiche dei team e la suddivisione delle responsabilità tra team ed impresa cambiano allora in modo significativo.



In condizioni di elevata incertezza e variabilità, per massimizzare le probabilità di successo è necessario innanzitutto affidarsi ad un team di alpinisti determinati, capaci ed autonomi nella scelta del percorso e nella gestione del rischio. Una volta iniziata l’ascensione infatti, soltanto loro potranno raggiungere la vetta, decidendo quale percorso seguire, con che ritmo procedere e come affrontare le difficoltà che inevitabilmente si presenteranno.
Durante l’ascensione, il compito principale dell’impresa è quello di fornire al team il supporto logistico, le risorse e soprattutto le informazioni necessarie per prendere le decisioni giuste. Nel caso in cui il team sulla montagna lo richiedesse, il campo base deve inoltre essere pronto a gestire efficacemente situazioni difficili ed a prendere le necessarie decisioni strategiche.
Vi è quindi un trasferimento di responsabilità dall’impresa ai team, che possono operare liberi da regole e procedure predefinite. Questo passaggio a volte non è facile: l’impresa ha paura di perdere il controllo ed i membri dei team hanno paura di assumere nuove responsabilità in un contesto di elevata autonomia.
Se i team sono determinati e capaci, questo approccio però riduce i rischi perché le decisioni verranno prese dalle persone più vicine ai problemi, senza le sovrastrutture e le rigidità mentali inevitabili quando si cerca di seguire una procedura generale. Questo non significa “dimenticare” l’esperienza fatta e ripartire ogni volta dal foglio bianco. Significa invece lasciare ai team la libertà mentale di scegliere il percorso più adatto all’obiettivo da raggiungere ed alle condizioni del momento.

Dal momento che non definisce più il percorso da seguire, l’impresa deve assicurarsi che ogni membro del team comprenda esattamente l’obiettivo da raggiungere e che il team nel suo insieme abbia tutte le competenze e la determinazione necessarie al suo raggiungimento.

venerdì 12 febbraio 2016

Prodotti liquidi per clienti liquidi

Liquid Products

“Nella vita liquida non esistono legami stabili ed ogni cosa che leghiamo, deve essere legata in modo leggero, in modo che possa essere slegata quanto più rapidamente e facilmente possibile quando le circostanze cambieranno e questo accadrà sicuramente più e più volte.” (Liquid Love – Zygmunt Bauman – 2003)

Nel mondo liquido tutto cambia velocemente ed il futuro è estremamente incerto, così anche le decisioni d’acquisto tendono a considerare orizzonti temporali più brevi. Spesso allora ai prodotti monolitici, costosi e di lunga durata vengono preferiti prodotti più flessibili, intelligenti e che non richiedano un investimento iniziale elevato.

Prodotti flessibili
Un prodotto si può definire flessibile, se può essere personalizzato al momento dell’acquisto, ma anche aggiornato e modificato per tutta la durata della sua vita. I prodotti flessibili saranno quindi in grado di beneficiare dei miglioramenti tecnologici che si renderanno disponibili in futuro e potranno soddisfare a lungo le esigenze non prevedibili ed in continua evoluzione dei loro utilizzatori.
Il fattore chiave per la flessibilità del prodotto è l’architettura modulare, cioè la possibilità di creare molti prodotti diversi a partire da componenti standard progettati come mattoncini Lego. La modularità classica si concentra spesso su funzioni e interfacce: ogni funzione è implementata da un singolo modulo e moduli diversi sono intercambiabili perché hanno interfacce standardizzate. In questo modo è possibile configurare le funzioni e le prestazioni di un prodotto. Nel mondo liquido può essere utile renderne flessibile anche l’aspetto. Questo si può ottenere introducendo moduli “estetici”, possibilmente separati dai moduli funzionali per permetterne la sostituzione a costi non eccessivi. La possibilità di configurare l’aspetto estetico al momento dell’acquisto non è una novità (si pensi ad esempio alle cucine). Novità sono l’estensione di questo concetto a nuovi tipi di prodotti (si pensi ad es. le scarpe configurabili della Nike o le Pixie cover della macchina da caffè Nespresso), l’ampiezza delle scelte disponibili, la possibilità di creare moduli personalizzati e la possibilità di modificare l’aspetto dei prodotti a costi ragionevoli anche in momenti successivi all’acquisto.

Nexpaq modular smartphone (www.nexpaq.com)

Prodotti intelligenti
Nel 2011 Marc Andressen, affermò che “il software sta divorando il mondo”. Per capire l’importanza di questo fenomeno basta pensare a quanta importanza e quanto valore il software sta guadagnando in tutti i settori di business. Restando nell’ambito dei prodotti, si pensi ad esempio che oggi per far funzionare un’automobile servono decine di milioni di righe di codice e che senza software non potrebbero funzionare i nostri smartphone, le macchinette per il caffè in ufficio, i semafori, gli strumenti per le analisi mediche e moltissimi altri prodotti.
La sostituzione di funzioni realizzate via hardware con funzioni software-driven ha tre benefici principali: le funzioni software-driven sono infatti più sofisticate, più flessibili e spesso più economiche delle corrispondenti funzioni realizzate via hardware. Si pensi ad esempio alla sostituzione del cruscotto di un’automobile con uno schermo touch, che può essere riconfigurato in ogni momento, anche dall’utente stesso.
L'uso estensivo del software e la possibilità di collegare prodotti al web (Internet delle cose) sta facendo sorgere una nuova generazione di prodotti intelligenti, che sono in grado di capire ciò che gli utenti stanno cercando di fare ed operano quindi nel modo migliore per facilitare il raggiungimento degli obiettivi. Questi prodotti “ricordano” contesti, obiettivi, azioni e risultati, al fine di imparare dalle esperienze del passato. Essi sono quindi in grado di migliorare progressivamente il loro comportamento e di adattarsi alle abitudini ed alle caratteristiche di ogni singolo utente, senza bisogno di complicate operazioni di configurazione. I prodotti che imparano permettono alle imprese di conoscere molto meglio i loro clienti, di fornire in tempo reale servizi personalizzati e contestualizzati e di accrescere la fidelizzazione dei clienti (cambiare un prodotto dopo che ha imparato le nostre abitudini, richiederebbe infatti un nuovo processo di apprendimento).

Prodotti a prezzo scalabile
I prodotti flessibili ed intelligenti rendono più sottile la distinzione tra prodotti e servizi e permettono la realizzazione di nuovi modelli di business. È possibile in particolare ridurre l’investimento necessario per “accedere” ai prodotti, facendo pagare agli utilizzatori un prezzo progressivo, proporzionale alla “quantità” di utilizzo o, meglio ancora, proporzionale ai benefici ottenuti. Si genera in questo modo per le imprese un effetto espansivo simile a quello che si potrebbe ottenere mediante l’abbassamento dei prezzi. L’impatto è però importante: i profitti immediati vengono sostituiti da profitti graduali e si crea la possibilità/necessità di fornire nuovo valore ai clienti anche dopo la vendita dei prodotti, motivandoli a continuare a pagare il prezzo progressivo per un lungo periodo o ad estendere l’utilizzo del prodotto stesso.

I prodotti liquidi saranno dunque molto diversi dai prodotti attuali e richiederanno profonde trasformazioni anche alle imprese che li realizzano: strategie, organizzazione, processi e strumenti dovranno essere adattati ai clienti liquidi ed alle loro esigenze.
Questo sarà il futuro per molte imprese manifatturiere.