domenica 28 novembre 2010

Il valore delle emozioni - Parte 1

Tutte le scelte che facciamo sono frutto di un mix di ragione ed emozione.
Le emozioni sono particolarmente importanti per chi definisce e sviluppa nuovi prodotti sia perchè influenzano la scelta dei clienti se acquistare o meno un prodotto o servizio, sia perchè sono un elemento di differenziazione importante rispetto ai concorrenti. Infatti se le caratteristiche “razionali” dei prodotti (funzioni, forma, peso, prestazioni, ...) possono essere copiate facilmente e velocemente dai concorrenti, le emozioni suscitate sono invece molto difficili da copiare, perchè dipendono anche da fattori quali il marchio, gli altri clienti e l’intera esperienza di acquisto, di utilizzo e di manutenzione del prodotto.
Una conferma di questo è l’i-Phone: molti produttori di telefoni cellulari hanno ormai in catalogo uno smartphone praticamente uguale all’i-Phone, ad un costo sensibilmente inferiore. Però il valore emozionale di possedere un i-Phone “originale” continua a generare vendite elevate ad un prezzo superiore rispetto a quello dei concorrenti.
Dunque le emozioni generano valore.

Cerchiamo allora di capire che cosa sono le emozioni e come nascono quando ci troviamo di fronte ad un nuovo prodotto.
La parola emozione deriva dalle parole latine ex-movere: trasportare fuori, scuotere.
Le emozioni nascono infatti come la prima risposta del nostro cervello agli stimoli esterni e si trasformano velocemente in esperienze psico-fisiche complesse che, al contrario dei pensieri, risultano generalmente riconoscibili all'esterno (ad es. con un cambiamento dell'espressione facciale).

Da un punto di vista neuroscientifico quando il nostro cervello riceve degli stimoli esterni, attiva due “circuiti” diversi. Il primo circuito è quello emozionale che fornisce in tempo brevissimo una risposta in gran parte automatica, il secondo è quello dei pensieri, che analizza le informazioni disponibili e decide impiegando un tempo più lungo. Le emozioni sembrano quindi essere il meccanismo evolutivo che permette al nostro cervello di reagire a situazioni esterne attivando immediatamente i comportamenti giusti.
Le emozioni sono dunque il frutto di un processo di valutazione che avviene in modo inconscio, rapido, non controllabile e che ci “attira verso” quello che nel passato è stato utile all’evoluzione della nostra specie, mentre ci “respinge da” quello che in passato si è rivelato negativo o pericoloso.
Subito dopo l’insorgere dell’emozione inizia il cosiddetto periodo “refrattario”, durante il quale il cervello sembra ignorare tutti gli stimoli che non sono coerenti con l’emozione stessa. Ad esempio se veniamo attirati da qualcosa che ci piace, tenderemo ad ignorare le eventuali informazioni negative che potrebbero frenare il nostro desiderio.
La durata e l’intensità del periodo refrattario sono molto variabili: si va da emozioni che possono essere tanto intense da farci perdere il controllo, ma non durano a lungo (ad es. la rabbia) fino ad emozioni meno intense, che però influenzano più a lungo i nostri pensieri (ad es. la gioia).

Poichè l'insorgere delle emozioni avviene in circa un quarto di secondo, l'attività della parte razionale del nostro cervello inizia quando la valutazione inconscia degli stimoli è già stata completata e si svolge in gran parte durante il periodo refrattario: per questo motivo i nostri pensieri sono influenzati in modo così importante dalle nostre emozioni.

I pensieri hanno comunque libertà rispetto alle emozioni e può accadere che emozioni e pensieri giungano a "conclusioni diverse" rispetto ad uno stimolo. In generale se emozioni e pensieri sono coerenti, si auto-rafforzano, potenziando l’attrazione o la repulsione verso la causa dello stimolo. Pensieri ed emozioni non coerenti tra loro generano invece dubbio e disagio. Ad esempio sporgersi da una parete di roccia verticale, pur essendo legati, causa un’emozione di paura, contrastata da un ragionamento di sicurezza. Questa distonia non genera un’esperienza completamente positiva.
Gli approfondimenti psicologici e neuroscientifici di questo argomento ci porterebbero molto lontano. Per chi non l’avesse ancora letto, consiglio il libro di Daniel Goleman “L’intelligenza emotiva”.

Per quanto riguarda l’uso “pratico”di questi studi nello sviluppo dei nuovi prodotti e servizi, è interessante analizzare il processo mentale che si genera al contatto con un nuovo prodotto.



Appena entriamo in contatto un prodotto, i nostri sensi ci comunicano una serie di stimoli sensoriali che possono essere visuali, tattili, uditivi, olfattivi o di gusto e che il nostro cervello immediatamente classifica come piacevoli o spiacevoli. In un tempo brevissimo il nostro cervello richiama esperienze precedenti assegnando un significato agli stimoli sulla base di automatismi, metafore, valori e ricordi.
I due fattori, stimolo sensoriale e significato che gli attribuiamo, concorrono a determinare la valutazione, che a sua volta darà origine all’emozione.

È interessante notare che, pur essendo il processo di valutazione emozionale inconscio e personale, esso sembra essere determinato da 3 fattori, di cui soltanto il terzo è esclusivamente individuale:

  1. L’evoluzione della nostra specie (ad es. l’emozione di rabbia se qualcuno prende qualcosa che ci appartiene è comune a tutto il genere umano ed anche a molti animali),
  2. La cultura nella quale siamo cresciuti (ad es. alcuni colori possono piacere o meno perchè “evocano” significati diversi),
  3. La nostra esperienza individuale (ad es. esperienze positive con i prodotti di un certo marchio, genereranno valutazioni positive per altri prodotti dello stesso marchio).

In un prossimo post vedremo come utilizzare queste conoscenze nel processo di definizione di un nuovo prodotto o servizio.

venerdì 19 novembre 2010

10 domande per valutare i Product Concept

Al termine della fase di "Definizione del concept" (si vedano i post: Innovation framework: il puzzle per l'innovazione e Il design brief) è necessario valutare se proseguire o meno nello sviluppo dell'idea.
Nel prendere questa decisione bisogna tenere conto dell'idea in sè (le idee non interessanti devono essere bloccate), ma anche dell'importanza dell'idea rispetto alle altre idee che sono in attesa di divenire prodotti.
Bisogna dunque "ordinare" le idee in modo da assegnare le risorse di sviluppo a partire dalle idee più promettenti.

Per fare questo si utilizzano normalmente tecniche chiamate di Project Portfolio Management, che permettono di tracciare una mappa delle idee e di prendere decisioni sulla loro priorità. Per approfondire la teoria di questa metodologia si veda ad esempio l'articolo di Robert Cooper: Portfolio Management for new products - Picking the Winners.

Nella mia esperienza ho trovato utile valutare le idee secondo queste 3 dimensioni:

  • Importanza strategica
  • Probabilità di successo (commerciale e tecnica)
  • Importanza economica

Utilizzando queste 3 dimensioni si possono infatti tracciare mappe come quella disegnata nella figura seguente, che aiutano nelle decisioni riguardanti la priorità delle diverse idee.

In generale le idee che stanno nel quadrante delle Perle dovrebbero essere realizzate poichè hanno alta importanza strategica e probabilità di successo. Per lo stesso tipo di ragionamento le idee che stanno nel quadrante dei Sassi dovrebbero essere fermate. Le idee che stanno nel quadrante delle Ambizioni sono strategicamente importanti, ma ad alto rischio, quindi vanno valutate con maggior attenzione, così come quelle che stanno nel quadrante delle Opportunità, che hanno un'elevata probabilità di successo, ma rischiano di sottrarre risorse a progetti più allineati alla strategia aziendale. Nell'assegnare la priorità alle diverse idee bisogna tenere conto inoltre dell'importanza economica (rappresentata sulla mappa come il diametro della bubble), della quantità di risorse disponibili e del bilanciamento del portafoglio progetti (ad es. troppi progetti del quadrante Ambizioni, fanno aumentare il rischio del portafoglio progetti).

Per posizionare le idee sulla mappa si possono utilizzare metodi diversi. Un primo metodo prevede che i responsabili della gestione del portafoglio prodotti assegnino un punteggio alle idee rispondendo ad alcune domande per ognuno dei parametri di valutazione. Le risposte alle domande vanno date utilizzando la conoscenza del prodotto che si ha in questa fase.

Potrebbero ad esempio essere utilizzate le domande riportate nel seguito.

IMPORTANZA STRATEGICA

  • È un prodotto destinato ad un segmento di mercato di importanza strategica (per dimensioni, margini, visibilità, ...)?
  • È un prodotto innovativo e diverso dai prodotti della concorrenza?
  • La value proposition del prodotto è chiara, facilmente comunicabile e convincente?
  • Il prodotto avrà impatti positivi sul portafoglio prodotti (ad es. sostituzione di un prodotto in declino, effetto trascinamento, introduzione di una nuova piattaforma, ...)?
  • Il prodotto avrà impatti positivi sul valore del brand?

PROBABILITA' DI SUCCESSO

  • Il prodotto risponde a bisogni e desideri dei clienti ben definiti e verificati?
  • I nostri canali di vendita e distribuzione saranno in grado di gestire il prodotto in modo efficace?
  • Sono stati identificati i principali rischi per la fattibilità tecnica del prodotto?

IMPORTANZA ECONOMICA

  • Gli investimenti per lo sviluppo sembrano ragionevoli?
  • Volumi e prezzi di vendita stimati sembrano interessanti?

Sulla base dei punteggi ottenuti le idee vengono rappresentate sulla mappa e vengono quindi prese le decisioni riguardanti la priorità e l'assegnazione o meno di risorse per proseguire lo sviluppo.

In alternativa a questo metodo è possibile utilizzare un metodo visuale che prevede di attaccare direttamente i post-it che rappresentano le idee su un cartellone raffigurante i quattro quadranti della mappa. Sui post-it viene scritto il nome dell'idea ed un valore che ne rappresenta l'importanza economica.

La scelta di dove posizionare le diverse idee viene fatta in gruppo da coloro che sono responsabili di gestire il portafoglio progetti e l'utilizzo dei post-it permette di modificare la mappa del portafoglio fino a quando il risultato non sia condiviso da tutti. Per evitare valutazioni troppo soggettive, è utile anche in questo caso utilizzare le 10 domande presentate precedentemente come stimoli di riflessione prima di decidere dove posizionare le diverse idee.


Il primo metodo è un po' più oggettivo, poichè richiede la risposta esplicita a tutte le domande ed inoltre permette a tutti i partecipanti di esprimere il proprio parere in modo indipendente dagli altri (il punteggio finale è la media dei punteggi assegnati dai partecipanti). Il secondo metodo è più orientato alla discussione in team (le domande sono una guida alla discussione) permettendo quindi una valutazione più "condivisa". Il rischio di questo secondo metodo è che non si riesca a definire la posizione per alcune idee a causa di opinioni non conciliabili tra i partecipanti.

Dato l'inevitabile rischio di fallimento intrinseco nel processo di sviluppo dei nuovi prodotti, è comunque fondamentale scegliere "bene" le idee da sviluppare (picking the winners) prima di investire molte energie e risorse. E' dunque molto importante preparare il Design Brief ed utilizzare un metodo che aiuti la selezione delle idee vincenti prima di procedere nel processo di sviluppo.

venerdì 12 novembre 2010

Il Design Brief

La trasformazione di un'idea in un prodotto o servizio è un processo che deve avvenire per gradi: bisognerebbe infatti prima definire chi? saranno i miei clienti, che cosa? voglio realizzare e perchè? e soltanto in seguito focalizzarsi sul come? realizzarlo. La risposta a queste domande dovrebbe inoltre essere definita per approssimazioni successive.
Purtroppo accade invece spesso di mescolare nelle fasi iniziali dello sviluppo prodotto considerazioni sul che cosa? con considerazioni sul come? e di affrontare contemporaneamente problemi che sono a livelli di dettaglio diversi.
Questo comporta almeno tre conseguenze negative:

  • "affollamento" delle fasi iniziali dello sviluppo con una serie di informazioni/decisioni che possono far perdere la focalizzazione sulla definizione del prodotto (ottenendo come risultato la definizione di prodotti mediocri),
  • introduzione di vincoli (anche mentali) non necessari, derivanti dall'aver già scelto una soluzione prima di aver definito esattamente che cosa si vuole fare,
  • spreco di energie nella definizione di dettagli che hanno un'elevata probabilità di essere modificati nel seguito.

Per questo motivo il framework di sviluppo prodotto presentato nella figura sottostante (si veda anche il post Innovation Framework: il puzzle per l'innovazione) prevede una fase iniziale chiamata Definizione del Concept che ha come obiettivo un primo approfondimento dell'idea di prodotto con lo scopo di fornire una prima risposta “macro” alle domande: Chi?, Che cosa? e Perchè?


La fase di Definizione del Concept dovrebbe avere una durata prefissata e limitata nel tempo (in genere da 2 a 4 settimane) e dovrebbe affrontare i seguenti argomenti:

  1. Mercato Target: Descrizione dei segmenti di mercato ai quali il prodotto e/o servizio sarà destinato (risponde alla domanda Chi?),
  2. Descrizione del prodotto: descrizione sintetica del prodotto e/o del servizio dal punto di vista dell’utilizzatore (risponde alla domanda Che cosa?),
  3. Value Proposition: Descrizione dei benefici che il prodotto e/o servizio porta ai suoi utilizzatori (risponde alla domanda Perchè? dal punto di vista dell'utilizzatore),
  4. Differenziatori: Descrizione dei principali elementi di differenziazione rispetto ai prodotti e servizi della concorrenza (risponde alla domanda Perchè? dal punto di vista dell'utilizzatore),
  5. Obiettivi di business: Descrizione dei benefici che l’azienda desidera ottenere dal prodotto e/o servizio (risponde alla domanda Perchè? dal punto di vista dell'azienda),
  6. Data di lancio: data di lancio desiderata (opzionale),
  7. Note/Vincoli: Note o vincoli che dovranno essere considerati durante lo sviluppo del prodotto e/o servizio.
Il risultato di questa fase dovrebbe essere un documento di 1 o 2 pagine chiamato Design Brief, che serve per decidere se proseguire o meno nello sviluppo dell'idea e per indirizzare le fasi di sviluppo successive.
Di seguito un esempio di modello per il design brief.


Eseguire bene questa fase iniziale permette di migliorare la qualità delle decisioni che verranno prese nel corso del processo di sviluppo del prodotto, di ridurre il numero di modifiche e di aumentare la probabilità di ideare un prodotto vincente.

domenica 7 novembre 2010

Where good ideas come from

La creatività non sta nel trovare nuovi paesaggi, ma nell’avere occhi nuovi”. (Marcel Proust)

Il processo di generazione di nuove idee non è lineare, nè deterministico, ma si può sicuramente affermare che le idee non nascono nè dal nulla, nè per caso.


A livello cerebrale le nuove idee nascono infatti da nuove esperienze, da nuove conoscenze e da nuove connessioni tra idee esistenti. Il lato destro del nostro cervello (la parte non razionale) genera spontaneamente e continuamente nuove idee, anche se la maggior parte di esse non giunge mai all’emisfero destro per essere “cristallizzata” ed espressa in parole.


Poichè nascono dalle nostre conoscenze e dalla nostra storia, accade spesso che le nostre nuove idee siano simili tra loro. Con il tempo infatti nel nostro cervello vengono “tracciati dei percorsi” che noi utilizziamo più spesso e facciamo molta fatica a cercare altri sentieri .
C’è dunque un’importante opportunità di creare nuove idee che viene utilizzata troppo poco: la ricerca di connessioni tra idee di persone diverse.



L’incontro di persone diverse permette infatti sia di aumentare il numero di idee in campo, sia di esplorare nuovi sentieri, non battuti. È uno tipico caso in cui il tutto può divenire maggiore della somma delle parti.
Steven Johnson ha recentemente pubblicato il libro
Where good ideas come from che descrive come le grandi innovazioni del passato siano nate più spesso dall’incontro di idee appartenenti a persone diverse, che dal genio solitario di qualche “leonardo”.

Si veda anche il video qui sotto.



Una conseguenza di queste considerazioni è che se vogliamo stimolare la creatività in azienda, è necessario creare degli “ambienti creativi”, che permettano il fluire e ricombinarsi di idee appartenenti a persone diverse.
Per ottenere questo risultato è necessario superare le 4 barriere che limitano la creatività dei gruppi di persone:

  1. Impossibilità di incontro (barriere fisiche o temporali): il primo passo è dunque quello di creare occasioni di incontro tra persone con culture, competenze e punti di vista diversi. Per quanto riguarda l’ideazione di nuovi prodotti e/o servizi, io sono convinto che per avere successo questa “community” debba uscire dai confini dell’azienda ed includere clienti, partner, esperti, giovani studenti universitari ed in generale persone che possano vedere le cose da una prospettiva diversa.
  2. Divisione dei compiti: se ogni persona che partecipa all’ideazione ed allo sviluppo di un nuovo prodotto è interessata soltanto ad una parte del “problema” (ad es. la progettazione meccanica o la realizzazione degli stampi), le sue idee saranno limitate e parziali. Per utilizzare al meglio tutti i cervelli disponibili, è dunque necessario che la community lavori sull’intera user experience che dovrà essere realizzata.

  3. Chiusura mentale: le nuove idee nascono creando nuove connessioni e ricombinando le idee del gruppo. È dunque necessario che i partecipanti condividano le proprie idee e considerino attivamente quelle altrui. L’atmosfera informale, un facilitatore esterno e l’utilizzo di tecniche “visual” possono aiutare a superare questo ostacolo.

  4. Mancanza di un metodo: la rimozione delle prime tre barriere non è ancora sufficiente. Non basta infatti riunire un gruppo di persone “ben disposte” per generare buone idee: è necessario utilizzare un metodo per favorire la creatività del gruppo. Esistono moltissimi metodi che si possono utilizzare a questo scopo, da quelli meno strutturati (ad es. brainstorming) a quelli più strutturati (ad es. TRIZ).

Per l’ideazione di nuovi prodotti e servizi vincenti, io ho trovato molto utile partire dall’analisi della user experience intesa come processo durante il quale il prodotto o servizio viene utilizzato. Una volta descritto il processo, l’attenzione del gruppo si focalizza sulle attività che l’utilizzatore deve fare (task) e sulle emozioni che dovrebbe provare. In una seconda fase è possibile definire i macro-requisiti del prodotto o servizio da realizzare.
Per fare questo si può utilizzare un tabellone visual come quello rappresentato qui sotto, che viene riempito con le idee dei partecipanti.



Sicuramente utilizzare un approccio di questo tipo per ideare e definire i nuovi prodotti è più efficace ed efficiente di molti metodi classici... e non è nemmeno difficile da mettere in pratica!